Il blocco dei dividendi di Gazprom annuncia la guerra d'inverno del gas

Luciano Capone

Per la prima volta dal 1998, in un anno record di profitti, la società controllata dal governo non paga gli azionisti e il suo titolo crolla in borsa. Putin incassa tutti gli extraprofitti via tasse, probabilmente perché sa di non farne nel secondo semestre. L'Europa si prepari al taglio delle forniture

L’Europa è preoccupata per la chiusura del flusso di gas dalla Russia. Due giorni fa l’Eni ha comunicato il taglio, da parte di Gazprom, di un terzo delle già ridotte forniture all’Italia: da 32 a 21 milioni di metri cubi al giorno. La notizia è arrivata in concomitanza con la chiusura per dieci giorni, dall’11 al 21 luglio, del Nord Stream: il gasdotto che trasporta 55 miliardi di metri cubi di gas annui dalla Russia alla Germania attraverso il mar Baltico si è fermato per la programmata manutenzione annuale.

 

Ciò che i governi europei temono è che la chiusura possa essere estesa oltre i dieci giorni, usando qualche giustificazione tecnica. D’altronde è ciò che è accaduto il mese scorso, quando Gazprom ha tagliato il flusso del gasdotto del 40%, sostenendo che la causa fosse la mancata consegna di una turbina inviata per la manutenzione in Canada e lì bloccata per le sanzioni. Il Canada, nel fine settimana, su pressione della Germania, ha acconsentito alla restituzione della turbina per togliere a Mosca ogni alibi. Probabilmente non servirà a molto.

 

Ma a parte gli imprevisti tecnici (la turbina) e gli interventi ordinari (la manutenzione), c’è stato un evento straordinario, che ha ricevuto meno attenzione, che può indicare l’intenzione di Putin di ridurre al minimo le forniture di gas. A fine giugno, per la prima volta dal 1998, Gazprom ha deciso di non pagare i dividendi agli azionisti, rimangiandosi quanto già deciso un mese prima dal consiglio di amministrazione. Il board aveva infatti stabilito di staccare un dividendo di 52,5 rubli per azione (l’anno prima era stato di 12,5 rubli), per un totale di circa 1.250 miliardi di rubli (oltre 20 miliardi di dollari). Gazprom si è improvvisamente rimangiata la decisione, facendo crollare il proprio titolo di oltre il 30%. E facendo arrabbiare molti risparmiatori russi, tra i quali il titolo è molto diffuso, che così perdono circa 300 miliardi di rubli.

 

Cos’è successo? Lo stato russo, che controlla oltre il 50% di Gazprom, ha deciso di non pagare i dividendi e, contemporaneamente, ha aumentato le tasse sulla società per il trimestre settembre-novembre di 1.250 miliardi di rubli. Esattamente la somma che la società aveva previsto di pagare in dividendi. In pratica, il governo ha deciso di prendersi tutto senza lasciare nulla agli azionisti di minoranza. È per questo motivo che il titolo, insieme alla poca credibilità del mercato russo, è crollato.

 

Ma qual è la ragione di questa scelta drastica, non priva di conseguenze negative, e cosa ci dice rispetto alla guerra del gas? Da un lato il motivo è l’eccessivo rafforzamento del rublo, che ha ridotto le entrate di bilancio costringendo il governo a trovare nuove fonti fiscali. Ma perché farlo così in fretta e in maniera così repentina visto che il prezzo del gas è alto? Questo è il punto: è molto probabile che il Cremlino abbia scelto di incassare tutti gli extraprofitti del primo semestre proprio perché prevede di ridurre al minimo le forniture di gas nel secondo semestre. Putin si sta preparando per la guerra d’inverno del gas, l’Europa faccia altrettanto.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali