Generale Laura J. Richardson in Ecuador (Epa via Ansa) 

La Conferenza sudamericana di Difesa

L'America mette in guardia gli alleati sudamericani sulle ingerenze cinesi nell'area

Maurizio Stefanini

Un generale a quattro stelle dell'esercito degli Stati Uniti spiega che uno dei rischi più grandi per le democrazie è rappresentato dalle “fabbriche dei troll” organizzate dal Cremlino per inquinare il dibattito su social e media

La Conferenza sudamerica di Difesa in corso a Quito, in Ecuador, non è importante come quella di Samarcanda, in cui si sono visti il presidente cinese Xi Jinping e il russo Vladimir Putin, però è a sua volta un appuntamento che riunisce una superpotenza con alleati regionali in un contesto regionale. Pure in contemporanea, il dipartimento di stato ha reso noto il sospetto di 300 milioni di finanziamenti russi a partiti di 24 paesi. Tenendo conto dell’una e dell’altra cosa acquisisce un peso maggiore il doppio avvertimento che nella Conferenza sudamericana è appunto arrivato. Uno: “i russi stanno tentando di manipolare le persone con campagne di disinformazione”. Due: “la Cina sta finanziando progetti che in America latina rischiano di provocare danni ambientali gravissimi”. 


A dirlo è stata Laura Jane Richardson: classe 1963, generale a quattro stelle dell’esercito americano, dal 29 ottobre prima donna alla testa del Comando Sud degli Stati Uniti. Alla Conferenza di Quito il programma prevedeva due giorni di colloqui tra undici delegazioni militari, con oltre 200 persone. Appunto nel discorso introduttivo la Richardson si è soffermata sui rischi per le democrazie, ricordando appunto che uno dei rischi più grandi è rappresentato dalle “fabbriche dei troll” organizzate dal Cremlino per inquinare il dibattito su social e media. ma ha parlato anche delle minacce informatiche di hacker e russi e cinesi. E, a proposito di Pechino, ha ricordato anche la pesca selvaggia e illegale che depreda in modo gravissimo il patrimonio ittico della regione con flotte di pescherecci sussidiate direttamente dal governo di Xi.  


Il tema si è fatto più sensibile, dopo che il 5 luglio fu posto sotto sequestro un  peschereccio cinese con a bordo 11 tonnellate di calamari pescati illegalmente nelle acque uruguayane. Ma non c’è solo la pesca. La Richardson ha citato una serie di studi indipendenti secondo cui i megaprogetti finanziati dalla Cina stanno provocando erosione nei fiumi, inquinamento nell’acqua, distruzione di terreno fertile e destabilizzazione di ecosistemi delicati. Dopo decenni di polemiche contro il “capitalismo occidentale” accusato di distruggere e depredare l’ambiente dei paesi in via di sviluppo, il richiamo alla lotta di ong e ambientalisti è come un promemoria del fatto che comunque in una società aperta i disastri ambientali possono essere scrutinati da politica, media e società civile: cosa che con attività imprenditoriali provenienti da un regime autoritario è più difficile, se non impossibile.  


L’appello segue  due recenti polemiche relative a  investimenti cinesi in America latina. Uno è il grande porto strategico di Chacay, in una località di 63.400 abitanti del Perù centrale frequentata da uccelli migratori la cui economia era basata su agricoltura, pesca e turismo. Dall’anno scorso il colosso cinese Cosco shipping ports sta realizzando uno scalo che con un investimento da 3,6 miliardi di dollari punta ad attrarre almeno la metà dei 580 miliardi che muove ogni anno il commercio tra Cina e America del Sud, nell’ambito della nuova Via della Seta. Il governo di Lima è entusiasta, ma i lavori hanno già sbancato uno dei “cerros” caratteristici del paesaggio locale, e si temono danni irrimediabili ai 77 ettari di quell’ecosistema noto come humedal de Santa Rosa che ospita un centinaio di specie di uccelli. E molti abitanti hanno iniziato una mobilitazione sia per i danni che i lavori stanno provocando alle loro abitazioni, per il contraccolpo degli esplosivi utilizzati; sia per quelli che stanno subendo turismo e pesca.   


Un simile scontro è in corso anche in Colombia, dove a Buriticá, nel dipartimento de Antioquia, c’è la miniera di oro sotterranea più grande dell’America latina. Il complesso è ora finito alla cinese Zijin Mining Group Co. Ltd., contro cui è in corso una mobilitazione di minatori artigianali che la accusano di aver ucciso due di loro.     

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