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Vietare i visti turistici ai russi è un regalo a Putin? Parigi e Berlino temono di sì. Le divisioni europee

David Carretta

I paesi baltici, la Finlandia, la Polonia e la Repubblica ceca, all’origine della proposta, invocano ragioni di sicurezza per chiudere le porte dell’Ue. Germania, Francia e altri stati sostengono invece sostengono che non bisogna lanciarsi in una “punizione collettiva”

Bruxelles. Quella contro l’Ucraina è la guerra di Vladimir Putin o la guerra della Russia? In sostanza è questo l’interrogativo cui l’Unione europea deve rispondere, nel momento in cui i ministri degli Esteri dei Ventisette si ritrovano a Praga per dibattere della proposta di vietare i visti turistici ai cittadini russi. I suoi stati membri sono divisi. I paesi baltici, la Finlandia, la Polonia e la Repubblica ceca, all’origine della proposta, invocano ragioni di sicurezza per chiudere le porte dell’Ue, dopo aver visto decine di migliaia di russi passare dal loro territorio per andarsene in vacanza. “Per trasformare la Russia, bisogna chiudere la porta ai turisti russi”, ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Ma Germania e Francia sono contrarie, perché temono di rafforzare il regime di Putin e alienarsi i cittadini russi moderati. Nella riunione informale dei ministri degli Esteri oggi “non ci saranno decisioni”, ha anticipato l’Alto rappresentante, Josep Borrell: “Le posizioni sono divergenti”.

 

Dall’inizio della guerra quasi un milione di cittadini russi sono entrati nell’Ue, in gran parte via Finlandia ed Estonia. Gli aeroporti dei due paesi, che hanno frontiere terrestri con la Russia, sono usati per aggirare il divieto di ingresso per gli aerei russi. Le immagini dei russi sulle spiagge europee hanno scioccato i paesi nordici. “Non guardiamo favorevolmente” al turismo “nel momento in cui c’è una guerra in Europa”, ha detto il ministro degli Esteri finlandese, Pekka Haavisto. “Gran parte delle persone che vengono qui sono russi ricchi che spesso hanno legami con il regime”, ha detto l’olandese Wopke Hoekstra. “E’ una questione di credibilità e chiarezza morale dell’Ue nel momento in cui vengono commessi crimini di guerra massicci”, ha spiegato la premier estone, Kaja Kallas. Grazie ai visti turistici, spie e agenti russi possono entrare nell’Ue e circolare nell’area Schengen. Serve un divieto europeo, altrimenti basta uno stato membro per aprire una falla.

 

Alcune capitali però sostengono che l’Ue non deve lanciarsi in una “punizione collettiva”. Ungheria, Grecia e Cipro sono contrarie. L’opposizione più pesante è quella di Germania e Francia che hanno pubblicato un “non paper” sulle relazioni Ue-Russia. Il documento è durissimo con Mosca, tranne che sui visti. “Dobbiamo batterci in modo strategico per i cuori e le menti della popolazione russa”, dicono Germania e Francia: “Le nostre politiche in materia di visti dovrebbero (...) continuare a consentire contatti interpersonali nell’Ue con cittadini russi”. Per contro, “mettiamo in guardia contro restrizioni di vasta portata” per non “alimentare la narrativa russa”, innescare “effetti bandiera” o “alienare le generazioni future”. La risposta di Kuleba è stata netta: “I viaggi nell’Ue non hanno avuto alcun effetto di trasformazione sulla Russia. Da quando è stata introdotta la facilitazione dei visti nel 2007, Mosca ha attaccato la Georgia, ha lanciato una guerra contro l’Ucraina, ha commesso molteplici crimini – il tutto con un sostegno popolare schiacciante”. Un compromesso tra i 27 potrebbe essere proprio la sospensione parziale dell’accordo di facilitazione dei visti, rendendo più difficili le procedure. Secondo Borrell, serve “essere più selettivi” sui russi che si lasciano entrare.
 

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