Ministri degli esteri Ue, Foto di LaPresse 

Frontiere

L'Ue decide sulle limitazioni dei visti russi, ma i paesi sono divisi

Antonia Ferri

I ministri degli Esteri europei si riuniscono per deliberare sulla libertà di movimento nell'area Schengen dei cittadini di Mosca: la dichiarazione finale è attesa per mercoledì. I paesi dell'est portano avanti la linea più dura, ma la Germania chiede cautela 

"Non credo che interrompere le relazioni con la popolazione russa aiuterà e non penso che questa proposta raggiungerà l'unanimità. Dobbiamo essere più selettivi, ma non sono d'accordo sullo stop delle concessioni dei visti alla popolazione russa". Sono le parole di Josep Borrell, l'alto rappresentante per la Politica estera dell'Unione europea. Il riferimento è alla riunione informale dei ministri degli Esteri europei prevista per domani e dopodomani a Praga, in cui si deciderà se applicare delle misure utili a ridurre la possibilità per i cittadini russi di ottenere il visto per muoversi fuori dal paese e all'interno dell'Unione.

 

Stamattina, il Financial Times, ha dato la notizia di una possibile sospensione degli accordi con Mosca per le facilitazioni sul rilascio dei visti. E ha riportato le voci di tre funzionari dell'Unione europea. Uno di loro ha sottolineato che fermare gli accessi facilitati ai visti potrebbe rappresentare un segnale da mandare alla Russia: "Significherebbe dire che la guerra non è ok, che non è accettabile. Non è appropriato che i turisti russi vaghino per le nostre città".  Ma sulle discussioni dei prossimi due giorni si affacciano due posizioni distinte: quella dei paesi dell'est, più vicini territorialmente alla Russia e più decisi nell'introdurre restrizioni, e quella degli altri paesi dell'Ue, in primis la Germania, che sembrano voler mantenere maggiore cautela. 

 

Alla vigilia dell'incontro in cui si discuterà la strada da intraprendere, si sono formati due blocchi contrapposti. Alcuni paesi, in un'azione comune, hanno esplicitamente chiesto di fermare il flusso dei turisti russi in Europa. Il gruppo è composto da sei nazioni: Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Polonia e Repubblica Ceca. La Repubblica Ceca, come riportato dal Foglio nell'intervista al ministro degli Esteri Jan Lipavský, è molto favorevole all'iniziativa, e anzi ha già bloccato - poco dopo l'inizio dell'offensiva - l'emissione dei visti russi, insieme alla Polonia e ai paesi Baltici. La Finlandia e la Danimarca si stanno invece apprestando a chiudere le loro frontiere. 

 

Il bisogno più impellente ora è ritrovare la coesione anche rispetto alla circolazione nell'area Schengen. Il rischio è sempre quello: la divisione. Quindi, in merito, sarà necessario essere più selettivi, come dice l'alto rappresentante Borrell, ma, allo stesso tempo, non sarà facile probabilmente trovare un punto di incontro. La Germania di Olaf Scholz, in particolare, sembra non prediligere una soluzione troppo drastica: in questi giorni il cancelliere ha più volte evidenziato la potenziale controversia che risiede nell'agire sui diritti di un popolo per contrastare la guerra di Putin.

 

Smarcata dalle fila è poi l'Ungheria di Viktor Orbán, che si oppone nettamente a ogni restrizione. 

 

È da sottolineare che, in nessun caso, la scelta ricadrebbe su un vero e proprio divieto di concedere visti. Non si tratta in alcun modo di una modalità per rinchiudere i russi dentro il loro paese. Questo è anzitutto dimostrato dal fatto che tutti i visti concessi per ragioni umanitarie e ancor più quelli per i dissidenti politici resterebbero garantiti in toto. Nel caso la votazione desse esito positivo, si tratterebbe di complicare l'accesso alle procedure standard richiedendo più documenti, aumentando il prezzo e rendendo i tempi di attesa notevolmente più lunghi. Sono misure che si andrebbero ad aggiungere alle altre, già adottate a febbraio, come quella di sospendere la libera circolazione di funzionari governativi e uomini d'affari russi prevista dagli accordi del 2007 con Mosca. 

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