Vladimir Putin 

editoriali

L'errore elettorale dei politici russi

Redazione

L’occidente al voto per Mosca è instabile. Ma la democrazia cade sempre in piedi

La Russia ha sempre da dire la sua a ogni elezione, a ogni smottamento della politica dei governi occidentali, che trova così stupidamente instabili e ballerini da non resistere alla tentazione di destabilizzarli ancora di più. Nel voto, nella ciclicità della vita politica, nel cambio di un premier o di un presidente dietro l’altro, la Russia vede delle debolezze alle quali, i politici di Mosca credono di essere totalmente estranei. Il capo del Cremlino Vladimir Putin e il suo ex premier Dmitri Medvedev credono che la democrazia non consenta di fare progetti a lungo a termine, che elezioni faccia sempre rima con rivoluzioni. Medvedev gioisce quando cade il governo di Mario Draghi, sostenitore e fautore di una linea filoucraina inossidabile, deride Boris Johnson quando è costretto a dimettersi, anche lui sempre e con convinzione dalla parte di Kyiv, non per forza perché sia sempre convinto che al loro posto possa arrivare qualcuno disposto a invertire la rotta – nel caso del Regno Unito non accadrà sicuramente, i due candidati alla successione di Johnson condividono con il premier ancora in carica la stessa fede atlantista – ma perché comunque un cambiamento, crede Medvedev, porta instabilità.

 

L’instabilità che si genera dalle tornate elettorali occidentali è un argomento che il Cremlino spende anche in politica interna, da usare con un popolo che è ossessionato in negativo dalla possibilità di avere una politica volubile, e che finora i cambiamenti li ha conosciuti in modo traumatico: meglio un presidente eterno che tiene le cose sotto controllo. Quello che Medvedev e Putin e gli altri al Cremlino non capiscono è che la democrazia è un sistema che, contrariamente a quello che pensano loro, ha molti anticorpi, è strutturato in modo tale da non generare caos. E anche un paese politicamente caotico come l’Italia ha collocazione internazionale, sistemi di bilanciamento e solidità istituzionali capaci di non farla traballare davanti. Che un paese autoritario finisca sottosopra è una regola, che succeda a un paese democratico è un’eccezione.

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