Eating or heating?

Mangiare o riscaldarsi? L'inflazione è il tallone d'Achille di Liz Truss

Gregorio Sorgi

In Inghilterra, questo dilemma viene ripetuto con insistenza e racconta quanto sarà duro l’inverno dei britannici, a causa della crisi energetica e dei prezzi record del gas. Sarà questa la prima grande sfida per il successore di BoJo, e la ministra degli Esteri è la grande favorita 

Londra. “Eating or heating?”. Questo dilemma – che in inglese significa letteralmente “mangiare o riscaldarsi” – viene ripetuto con insistenza e racconta quanto sarà duro l’inverno dei britannici, alle prese con i prezzi dell’energia e l’inflazione più alte degli ultimi quarant’anni. Ieri l’ufficio nazionale di statistica ha fatto sapere che l’inflazione è salita al 10.1 per cento il mese scorso ma, secondo le previsioni della Banca d’Inghilterra, dovrebbe crescere al 13 per cento entro l’autunno. 

Dopo avere alzato i tassi d’interesse all’1,75 per cento alcune settimane fa, il governatore Andrew Bailey potrebbe intervenire ulteriormente nelle prossime settimane. Questa mossa verrebbe probabilmente criticata da Liz Truss, la favorita alla successione di Boris Johnson a Downing Street che aveva già contestato l’indipendenza della Banca d’Inghilterra quando Bailey aveva aumentato i tassi a luglio.   

 

Una delle ragioni per l’incremento dell’inflazione sono i prezzi record del gas, causati in parte dalle sanzioni occidentali ai danni della Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. Questo fenomeno ha colpito duramente tutti i paesi europei ma ha avuto dei contraccolpi ancora maggiori nel Regno Unito. Il costo delle bollette dovrebbe triplicare entro l’inizio del 2023, arrivando a costare in media oltre cinquemila sterline all’anno per  famiglia. Alcune storie sono drammatiche: il direttore di un supermercato della catena Iceland ha raccontato che molti fruitori dei banchi alimentari rifiutano le patate o altre verdure perché non possono permettersi di bollirle. In un’intervista di alcuni mesi fa, Johnson rimase spiazzato quando la giornalista gli raccontò la storia, poi diventata virale, della pensionata Elsie che passava le sue giornate sull’autobus per restare al caldo, perché non poteva pagare il riscaldamento. 

 

Eppure, anche prima della guerra in Ucraina, il Regno Unito non è mai stato dipendente dal gas russo (circa l’otto per cento del totale) facendo molto più affidamento sulle estrazioni dal mare del Nord e le importazioni da Norvegia, Stati Uniti e Qatar. Essendo collegato al continente dalle reti energetiche, il prezzo di acquisto del gas in Gran Bretagna, cresciuto di undici volte nell’ultimo decennio, ha seguito l’andamento del mercato europeo, aumentando notevolmente dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. Tuttavia, molti esperti spiegano che le bollette nel Regno Unito sono particolarmente sensibili al prezzo del gas perché l’85 per cento delle abitazioni fanno affidamento sulle caldaie a gas (in Francia e Germania la stessa cifra è inferiore del 50 per cento). Inoltre, circa il 40 per cento dell’elettricità in Gran Bretagna viene prodotta nelle centrali elettriche a gas. Questo significa che anche le bollette della luce seguono l’andamento del prezzo del gas, aggravando le proporzioni della crisi e costringendo i politici – a partire dai due pretendenti alla leadership dei Tory, Liz Truss e Rishi Sunak – a trovare un rimedio. 

La crisi energetica è il tallone d’Achille della favorita Truss, che alcune settimane fa aveva detto in un’intervista al Financial Times che avrebbe affrontato l’emergenza sociale tagliando le tasse piuttosto che aumentando i sussidi alle famiglie in difficoltà. Dopo che molti esperti le hanno fatto notare che ridurre le imposte accentuerebbe l’inflazione, la ministra degli Esteri è tornata sui suoi passi lasciando presagire qualche aiuto ad hoc ma ribadendo la sua opposizione ideologica alle politiche tassa-e-spendi. Tanto pare certa la vittoria di Truss, che l’attività estiva prediletta di molti addetti ai lavori a Westminster è prevedere cosa farà la neopremier nei suoi primi cento giorni a Downing Street. L’idea diffusa è, poche settimane dopo l’insediamento, annuncerà una manovra straordinaria per affrontare il carovita, anche se molti dubitano che offrirà dei sussidi massicci alle famiglie in difficoltà. 

 

Su questo tema, il Labour di Keir Starmer – inizialmente criticato dai suoi stessi colleghi per essere andato in vacanza nel mezzo dell’emergenza – è stato in grado di cogliere l’opinione dominante nella società e agire di conseguenza. L’opposizione propone di congelare per sei mesi il tetto al prezzo dell’energia (al livello attuale di 1.971 sterline all’anno) anziché aumentarlo a 3.330 sterline. La tesi del Labour è che, in questo modo, si aiutano le famiglie e allo stesso tempo si limita l’aumento dell’inflazione. Questa proposta non piace solamente al mondo laburista ma, secondo un sondaggio, viene approvata anche da tre quarti degli elettori Tory del 2019. Ai tempi di Johnson, i conservatori spesso criticavano le proposte del Labour prima di adottarle quando non c’era più alcuna alternativa. Succederà anche stavolta?

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