il vertice

Dove potrebbero incontrarsi i piani di Putin e di Erdogan sulla Siria

Mariano Giustino 

I presidenti di Russia e Turchia si sono incontrati per la seconda volta in poche settimane. Il leader turco attende di ottenere il via libera da Mosca per una nuova operazione militare contro le Unità di protezione del popolo (YPG) in Siria

Ankara. Recep Teyyip Erdogan è giunto a Sochi su invito di Vladimir Putin per rafforzare la loro partnership economico-commerciale e la cooperazione nei vari teatri regionali, in particolare in Siria e Caucaso. E’ il secondo faccia a faccia in soli 17 giorni. Dal 2016, Erdogan e Putin hanno stabilito una relazione speciale: una comunicazione diretta, quasi giornaliera e condividono molto più di quanto sembri. La loro è una relazione che potremmo definire “cooperazione competitiva”: sostengono parti opposte nei conflitti in Libia, Siria e Caucaso meridionale, ma lo fanno in un modo da riconoscere, e dunque da rispettare, la reciproca sfera di influenza in espansione.  Il leader turco a Sochi era accompagnato da uno stuolo di ministri e dopo un breve scambio di opinioni faccia a faccia, i due leader, hanno affrontato cinque temi critici all’ordine del giorno della loro agenda: la questione siriana, in particolare il sostegno che Ankara chiede a Mosca per condurre una nuova operazione anticurda nel nord della Siria; la centrale nucleare che i russi stanno costruendo ad Akkuyu, in Anatolia meridionale, e che dovrà coprire il 10 per cento  del fabbisogno di energia  della Turchia; l’ulteriore incremento del volume di scambi commerciali, già aumentato del 57 per cento  nel 2021; la guerra in Ucraina con il successo del “corridoio del grano” nel Mar Nero; le nuove tensioni tra Azerbaigian e Armenia nella regione contesa del Nagorno-Karabakh. 

Per il Cremlino, la partnership di un grande paese come la Turchia è diventata fondamentale, più di quanto non lo fosse già in precedenza. Mosca vuol tenere Ankara legata a sé, ai suoi interessi, lontana dall’Occidente, offrendole di entrare a far parte dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Intanto Erdogan non ha rinunciato alla creazione di quello che definisce “corridoio di sicurezza libero dal terrore’’ in territorio siriano e iracheno lungo tutto il confine sudorientale con la Turchia e attende per questo di ottenere il via libera  da Putin per una nuova operazione militare contro le Unità di protezione del popolo (YPG) in Siria. Il ruolo centrale di Ankara nel facilitare l’accordo sul grano, firmato separatamente da Russia e Ucraina con la Turchia, ha fornito al leader turco più forza contrattuale nella cooperazione con Mosca.

Le forze aeree russe controllano gran parte dei cieli sopra la Siria settentrionale e dunque qualsiasi operazione militare turca non può avvenire senza l’assenso di Mosca. Erdogan vuole raggiungere su questo punto una cooperazione con la Russia affinché dissuada l’Iran dall’opporsi all’operazione militare. L’intento è che questo corridoio, di circa 1270 chilometri, libero dalla presenza dei combattenti delle Ypg e del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), sia amministrato da una popolazione araba-sunnita e turkmena alleata di Ankara e nella quale sia reinsediato almeno uno dei circa 4 milioni di rifugiati siriani che la Turchia ospita sul proprio territorio e che stanno suscitando un diffuso grave malcontento in tutto il paese. 

Mentre la maggior parte del territorio delle Ypg  si trova a est dell’Eufrate, dove circa 900 soldati statunitensi li supportano nelle operazioni contro le cellule residue dello Stato islamico, le aree strategiche di Tal Rifaat e Manbij sono le ultime enclave controllate dalle Ypg a ovest del fiume, intorno alle quali sono presenti le forze governative siriane sostenute dalla Russia e quelle filoiraniane. 
Nell’incontro di Sochi il Cremlino ha riconosciuto che le preoccupazioni della Turchia per la sua sicurezza ai confini sudorientali con la Siria sono legittime  e ha dichiarato che e saranno prese in considerazione.  Si tratta di un implicito riconoscimento da parte russa dell’esistenza in Siria di una minaccia (curda) all’integrità territoriale della Turchia

La Russia potrebbe dare  il via libera a Erdogan a est dell’Eufrate, perché in quella regione i gruppi curdi sono supportati dagli Stati Uniti e ciò farebbe comodo a Mosca perché si aggraverebbe la crisi tra Washington e Ankara. Potrebbe invece concedere un via libera, nel nordovest della Siria, dove operano gli alleati di Putin: le forze del regime siriano e i filoiraniani, ma, in questo caso, Mosca in cambio chiederebbe una contropartita ad Ankara: il “no” all’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato quando il Parlamento voterà a ottobre;  oppure la sospensione della consegna di droni all’Ucraina; o un arretramento delle postazioni militari turche a Idlib, l’ultima area siriana ancora sotto il controllo dei gruppi anti Assad alleati di Ankara.