L'analisi

Cosa ci dice l'identikit del soldato russo sugli errori di Putin

Giorgio Arfaras

Non è solo la capacità quantitativa di un esercito a determinare la sua forza, ma anche la coesione sociale, politica, e culturale dei soldati in guerra. Anche per questo la Russia non ha ancora vinto in Ucraina

Mesi fa, anche per quelli che l’avevano prevista, la guerra all’Ucraina non poteva che risolversi in poco tempo a favore della Russia. Negli ultimi tempi sembra, invece, che la guerra si stia volgendo a favore dell’Ucraina. Come che sia, dopo molti mesi, la guerra continua, e la Russia ha conquistato solo una fetta dell’Ucraina. Questo mutamento militare a sfavore della Russia richiede una spiegazione. La Russia è, a differenza dell’Ucraina, una grande potenza militare. Come è possibile che una grande potenza militare di fronte a una piccola non vinca una guerra?

 

Una spiegazione sostiene che in un sistema autocratico le informazioni,  man in mano che salgono nella scala della gerarchia, diventano meno veritiere, perché sono costruite per confermare i giudizi e i pregiudizi dei capi fino ad arrivare al grande capo. Le informazioni dei servizi russi, risalendo la scala gerarchica, hanno finito per raccontare ai vertici che l’Ucraina era un paese privo di forza militare, che voleva che il fratello maggiore lo liberasse dal nazismo. Come conseguenza, Putin poteva entrare a Kyiv trionfante, come accadde a De Gaulle a Parigi nel 1944. Questa dei limiti alla circolazione delle informazioni che diventano disinformazioni in una autocrazia è una spiegazione della non vittoria russa. Non teneva però conto degli ucraini che, al contrario, combattono per il loro paese e la democrazia. 

 

Questa spiegazione della non vittoria russa come frutto dei limiti informativi di una autocrazia ha una validità, ma non analizza a sufficienza quanto è mal messo l’esercito russo. La premessa per provare a capire il punto della debolezza militare russa, come di vicende analoghe accadute in altri tempi e luoghi alle potenze maggiori di fronte a quelle minori, è liberarsi dell’idea che basti avere delle conoscenze quantitative per giudicare la forza militare. Quanti soldati, quanti aerei, eccetera. Queste misure sono poi combinate con quanto pil, quanta spesa militare, eccetera. Il discorso è quello della trappola della conoscenza quantitativa. Essa sembra oggettiva e quindi veritiera, mentre è, come le altre forme di conoscenza, limitata.

 

Grazie alla grande disponibilità di dati che si ha oggigiorno, chi ha messo in relazione le variabili quantitative di cui sopra con i risultati delle guerre ha trovato che non esiste una relazione significativa. In breve, la ricerca dei risultati delle guerre va cercata anche altrove. Insomma, la potenza misurata quantitativamente non basta. La spiegazione completa della capacità militare deve tenere  conto della struttura sociale retrostante ad ogni esercito. La tesi è che tanto maggiore la coesione sociale, politica, e culturale dei soldati in guerra tanto maggiore la capacità di combattimento. E viceversa.

 

I soldati che vengono da aree disastrate e sono stati discriminati nella vita sociale non combatteranno volentieri. I soldati a bassa acculturazione non riescono a coordinarsi in azioni complesse. I soldati di aree disastrate e a bassa acculturazione finiscono con lo scatenarsi in razzie e stupri, con i comandanti che, non potendo imporre una vera disciplina, li lasceranno fare. La situazione peggiora, se i soldati sanno che i comandanti, sentendosi a ragione impuniti, abusano della loro posizione per appropriarsi dei beni che dovrebbero arrivare ai soldati. 

 

L’invasione russa dell’Ucraina non è giunta a una facile vittoria come nelle previsioni iniziali anche perché ruota attorno a soldati di etnie non russe o a contratto strappati da regioni povere e lontane. A ciò si aggiunge l’armamento non modernissimo e si arriva quasi alla spiegazione completa. Manca, per chiudere il ragionamento sulla mancata e facile vittoria, la volontà Ucraina di combattere.

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