invenzioni di guerra

Mosca giustifica i suoi crimini con teorie da cartone animato

Micol Flammini

I soldati ucraini trasformati in mostri dagli esperimenti americani e il teatro di Mariupol esploso dall’interno. Confusione e quantità sono i pilastri della propaganda di Mosca, che si muove veloce

Con l’aria di stare rivelando qualcosa di molto importante alla Russia e al mondo, i deputati  russi hanno detto che Mosca sta indagando sulle attività dei laboratori biologici americani sul territorio dell’Ucraina. In precedenza il ministero della Difesa aveva accusato gli americani di aver costruito laboratori per sviluppare un virus pericoloso in grado di provocare una pandemia o armi batteriologiche. Questa volta però, l’accusa è diversa e riguarda gli esperimenti svolti sui soldati ucraini, dicono i deputati: un esame del sangue dei militari avrebbe mostrato che sono stati sottoposti a esperimenti segreti, eseguiti con l’unico proposito di trasformarli in “mostri più crudeli”. Questo, secondo alcuni rappresentanti della Duma, spiegherebbe “le atrocità” che i soldati di Kyiv “commettono contro la popolazione civile” e sarebbe “la conferma di un sistema di creazione di macchine per uccidere più crudeli che avviene sotto il controllo degli Stati Uniti”.  La propaganda russa  cerca di spiegare  l’inspiegabile e di rendere visibile quel che è invisibile perché non esiste, e arriva a creare delle teorie che sembrano ormai uscire da un cartone animato. La scommessa è: più sarà strampalata la teoria, più questa guerra potrà essere giustificata. Se prima le autorità russe lasciavano che fossero i canali della propaganda a promuovere congetture fantascientifiche, che poi si insinuavano  tra le  discussioni dei cittadini, negli ultimi tempi sono le stesse autorità a farsene carico: le teorie strampalate, le accuse fantascientifiche sono ormai ufficiali. 

 

Questo atteggiamento si applica anche ai tentativi di Mosca di imporre le sue teorie  su ogni singolo bombardamento. Di recente ha spiegato la sua versione sui missili lanciati contro  Vinnytsia il 14 luglio, una città lontana dal fronte, senza obiettivi militari nelle vicinanze. Il bombardamento ha causato più di venti morti e Mosca ha esultato dicendo di aver colpito l’edificio della Casa degli ufficiali in cui, secondo il ministero della Difesa russo, si stava tenendo una riunione del comando delle Forze armate ucraine con i fornitori di armi stranieri, e quindi c’erano dentro dei nazisti. L’edificio appartiene all’aeronautica, ma è ormai un centro in cui si organizzano concerti e  mostre  e al suo interno, il giorno del bombardamento, stava facendo le prove la band di una cantante ucraina, Roxolana. 

 

Mosca ha sentito la necessità di raccontare anche la sua versione su uno dei bombardamenti più indiscriminati e mortiferi dall’inizio della guerra, quello contro il Teatro drammatico di Mariupol. La struttura  era diventata il rifugio di molti cittadini, al suo interno si trovavano ancora acqua potabile, cibo ed elettricità. Per rendere ancora più chiaro che era il rifugio di  civili, la struttura era stata segnalata con la scritta “deti”, bambini. Il 16 marzo il teatro è stato bombardato e completamente distrutto, il numero di morti è stato indicativamente stimato intorno alle trecento persone. Associated Press ha svolto un’inchiesta, stabilendo che i morti sarebbero stati molti di più, il doppio. Questa settimana anche la Russia ha voluto mettere la sua firma su un’inchiesta tutta sua e ha stabilito che dalle macerie del teatro si capisce che non è stato bombardato ma fatto esplodere dall’interno e che i morti sono stati quattordici. Le teorie della propaganda russa  si muovono a gran velocità, sono contagiose  e spesso sono ricche di prove molto confuse ma anche molto numerose. Confusione e quantità sono i pilastri delle teorie di Mosca e in questi otto anni di guerra nel Donbas, tra i separatisti armati dal Cremlino e l’esercito  di Kyiv, hanno contribuito a creare le accuse di un genocidio contro i cittadini russofoni dell’est dell’Ucraina che non c’è mai stato. Ma in nome del quale c’è chi ha giustificato l’invasione.

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  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.