Il manuale del perfetto putiniano per parlare della guerra

Micol Flammini

Per le prossime elezioni ai candidati del partito di Putin, Russia unita, sono state distribuite delle linee guida per sapere cosa dire e cosa non dire dell'"operazione speciale". Bene l'elogio a Stalin, male quello a Lenin. La colpa della guerra? Degli Stati Uniti

L’11 settembre in Russia ci saranno alcune elezioni municipali e Russia unita, il partito del presidente Vladimir Putin, sta preparando i suoi candidati in modo che la campagna elettorale non mostri crepe nella propaganda del Cremlino. Per evitarlo, è stata stilata una guida da seguire per parlare senza fare errori o senza contraddire il capo di stato: un manuale del perfetto putiniano. Gran parte del vademecum è dedicato alla guerra in Ucraina, che crea non tanto dibattito all’interno della politica russa, quanto molti dubbi anche tra gli esponenti di Russia unita su cosa dire e cosa non dire. Per fugare ogni perplessità ed evitare di contraddire la logica di Putin, le linee guida danno tutti i consigli che servono per non sbagliare. I candidati sono invitati a parlare della guerra, non è un argomento da evitare. Anche delle elezioni municipali possono essere l’occasione per convincere i russi dell’ineluttabilità del conflitto che, secondo il manuale, è stato scatenato dagli Stati Uniti. L’America per anni ha tenuto in ostaggio la popolazione ucraina, ha aizzato gli ucraini contro Mosca, ha abbassato il loro tenore di vita e l’ “operazione speciale” è una missione umanitaria per migliorare la vita dell’Ucraina, dove i soldati russi sono andati per proteggere i cittadini, a portare cure, medicine oltre che a “liberarli dall’oppressione del loro governo nazionalista”. Tuttavia non è consigliabile riferirsi all’Ucraina come a una nazione, piuttosto come a un “territorio di confine della Russia”, cosa che la lingua russa, in realtà, esplicita anche con l’uso delle preposizioni. 

 

Il manuale ha le sue fonti, che sono soprattutto i discorsi di Putin e  il suo testo storico che uscì proprio a luglio dello scorso anno con il titolo “Sull’unità storica di russi e ucraini” ed  era già  una  dichiarazione di guerra contro Kyiv. Sergei Naryshkin, capo dei servizi segreti esterni, l’Svr, noto soprattutto per essere stato umiliato in diretta nel consiglio di sicurezza in cui Putin fingeva di chiedere il parere dei suoi funzionari sul riconoscimento dell’indipendenza delle filorusse Donetsk e Luhansk, ha detto di recente che la Russia sta “lottando per il suo futuro storico”. L’ossimoro racchiude in sé non soltanto le contraddizioni della guerra, ma anche la spiegazione di quanto la politica russa sia impigliata in un passato che neppure conosce bene. Il rapporto con la storia è citato nelle regole per la campagna elettorale e agli esponenti di Russia unita è consigliato di non elogiare Lenin, che Putin ha definito l’“architetto dell’Ucraina moderna” e ha accusato del crollo dell’Unione sovietica. Nikita Kruscev è un altro leader da cui prendere le distanze, fosse solo perché ha ceduto la Crimea alla Repubblica socialista sovietica ucraina. Non ci sono problemi invece a elogiare Stalin. 

 

Il sito di notizie russo Meduza ha cercato di monitorare i profili social di alcuni esponenti del partito per capire se effettivamente queste linee, non obbligatorie, vengono seguite, e ha rilevato che chi è di Russia unita cerca di uniformarsi, con l’eccezione di chi fa campagna elettorale nelle città più grandi, soprattutto a Mosca, dove c’è poco sostegno per la guerra. Anche il sindaco di Mosca, Sergei Sobyanin ha cercato di prendere le distanze, come aveva cercato durante la prima ondata della pandemia di far capire a Putin che c’era bisogno di misure di contenimento. Sobyanin non ha mai contestato l’aggressione all’Ucraina, ha cercato di non parlarne, anche se, su consiglio del capo del Cremlino, si è recato nelle sedicenti repubbliche di Donetsk e Luhansk, nonostante non volesse andare. L’11 settembre  potrebbe essere anche il giorno prescelto per i referendum nelle aree ucraine occupate dalla Russia. A Donetsk e Luhansk si potrebbe votare per chiedere l’annessione a Mosca, nelle oblast di Kherson e di Zaporizhzhya invece per chiedere l’indipendenza: qualora le votazioni dovesse tenersi davvero, i cittadini ucraini rimasti hanno poca speranza che si tratterà di un voto regolare. 

 

La Russia si sta preparando a una guerra lunga che avrà un impatto sempre maggiore sull’economia del paese. Nuove proposte di legge mirano a dare allo stato sempre più controllo sulle aziende private per tamponare gli effetti delle sanzioni e anche per produrre armi. Secondo le nuove leggi, lo stato può obbligare una fabbrica a convertire la sua produzione nel settore della difesa e ci sarà un effetto anche sui lavoratori, che potrebbero essere chiamati a fare straordinari e rinunciare alle ferie. Questi piani devono ancora essere approvati, ma Russia unita non sembra temere che gli elettori in campagna elettorale vogliano sentir parlare di diritti del lavoro. Il manuale del perfetto putiniano si concentra sulla guerra, sui nemici, sulla storia. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.