editoriali
Il soccorso dello stato francese all'energia
Macron sfida le regole europee: Edf torna interamente in mano pubblica
Edf torna in mani pubbliche. Lo ha annunciato la prima ministra francese, Élisabeth Borne, alla luce delle sempre più gravi difficoltà tecniche e finanziarie che affliggono l’ex monopolista elettrico transalpino. La notizia non va esagerata: il Tesoro francese già controlla l’84 per cento di Edf. Quindi, il controllo effettivo era e rimane statale. Tuttavia, dietro questo cambiamento societario modesto si muovono cambiamenti profondi. Intanto, finisce l’epoca della “privatizzazione”, iniziata nel 2005. Questo corrisponde anche a un ruolo diverso dello stato e dell’azienda: non più azionista l’uno e operatore del mercato l’altra (sebbene azionista particolare l’uno e operatore privilegiato l’altra). Ma, l’uno e altra, adesso diventano una cosa sola: il mercato non osi più separare ciò che la politica ha unito. Viene allora il dubbio se la crisi che sta mettendo in difficoltà l’economia europea sia la vera ragione di un cambio di rotta, oppure il pretesto per chiudere una parentesi.
In ogni caso, Edf si trova in una situazione di stress eccezionale: nel momento in cui i prezzi dell’energia impazziscono, il parco di generazione nucleare mostra i segni dell’età, con circa la metà dei reattori fermi per verifiche o manutenzioni. E i ricavi non tengono il passo a causa del price cap imposto dal governo per proteggere i consumatori dagli aumenti. Come se non bastasse, Macron si è impegnato in una poderosa campagna per la realizzazione di sei nuovi reattori. Insomma, il presidente persegue la tradizionale politica interventista francese. Mentre la Germania lancia un piano di salvataggio emergenziale per impedire il fallimento delle sue imprese energetiche, sulla scorta di quanto fatto con Lufthansa durante il Covid, la Francia sembra vedere questa crisi come un’opportunità per fare i conti con un passato mai digerito. Con buona pace delle regole europee di concorrenza.
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