Editoriali
E se parlassimo l'inglese? La battaglia dei Liberali tedeschi
L'Fdp vuole introdurre la doppia lingua per i funzionari pubblici. La lotta (quasi persa) per un'amministrazione meno arcaica
"What can I do for you sir?”. E’ nascosto in queste poche parole l’ultimo sogno proibito dei Liberali tedeschi (Fdp). Nell’ultimo incontro della direzione del partito, ha fatto capolino la proposta di introdurre l’inglese come seconda lingua negli uffici della pubblica amministrazione. Al pari degli italiani, i tedeschi soprattutto over 50 non sono però sciolti nella lingua di Shakespeare. E a differenza di quelli nostrani, negli uffici pubblici in Germania il telefono si tiene spento e si parla sottovoce, ma soprattutto ci si esprime in tedesco. Poco importa se il funzionario di turno parla inglese meglio di te: poiché non è tenuto a esprimersi in un’altra lingua non lo farà. E poi, ha eccepito il sindacato dei dipendenti pubblici dbb, “per questioni di certezza del diritto, quando si tratta di leggi e regole si applica la lingua ufficiale: in questo paese è il tedesco”.
A chi ha pensato a una boutade estiva ha replicato la ministra federale dell’Istruzione, la liberale Bettina Stark-Watzinger, ricordando che la mancata conoscenza del tedesco, una lingua non proprio facilissima da imparare, “è un grande ostacolo quando dobbiamo assumere degli esperti: ecco perché vorremmo introdurre l’inglese come seconda lingua”. Una risposta in stile Fdp: i liberali si confermano convinti sostenitori della linea di apertura a manodopera straniera qualificata – perché mai un giovane ingegnere indiano digiuno di Goethe non può essere assunto per gestire una rete informatica comunale? – mentre non dimenticano di ammiccare agli elettori più giovani in un momento in cui i Verdi (Grünen) volano nei sondaggi.
In un paese grande e dalla forte cultura linguistica nazionale come la Germania è però difficile immaginare che la proposta della Fdp passi: un compromesso più verosimile sarà un’esenzione parziale o totale per la funzionaria o l’impiegato di domani dalla conoscenza delle sei forme (regolari) con cui si declinano i sostantivi al plurale o delle innumerevoli forme esistenti per costruire un participio passato.
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