sul baltico

Cosa può fare la Russia contro la Lituania

Micol Flammini

Mosca è piuttosto sdentata nei confronti di Vilnius, minaccia ritorsioni ma è evasiva e tira fuori una vecchia disputa vinta da Kalingrad che riguarda il pesce

Il ministro della Difesa lituano, Arvydas Anusauskas, ha detto che “quando hai forze militari guidate da idioti” – si è scusato per il “francesismo” – “ovviamente puoi aspettarti di tutto, ma siamo realistici, abbiamo alleati, vediamo il quadro generale nel Mar Baltico, sappiamo quali misure possiamo prendere. Quindi – ha concluso parlando delle minacce russe contro la Lituania – in questo caso sono tranquillo sulle nostre possibilità”. Vilnius  non esclude che la Russia possa voler estendere il fronte di guerra dopo la decisione di applicare le sanzioni sul trasporto di acciaio e altri metalli dalla Russia a Kaliningrad, ma è sicura delle sue possibilità e della risposta dei suoi alleati. Mosca, dopo aver minacciato ritorsioni, cerca ancora la sua risposta, parla di misure “non diplomatiche”, “processi pragmatici”, ma di fatto, rimane evasiva. Anche il governatore di Kaliningrad, Anton Alikhanov, ha detto in un’intervista alla Tass che inizierà a fare un elenco delle possibili ritorsioni, ma alla domanda su quali fossero, non ha fornito  dettagli. 

 

La Russia è  piuttosto sdentata contro il paese baltico che, anche dal punto di vista energetico, ha avviato un processo per rendersi sempre più indipendente da Mosca. La contesa tra Kaliningrad, l’isola russa in Europa, e la Lituania non è scoppiata in questi giorni. L’exclave, che al suo interno ospita anche testate nucleari,  è sempre stata oggetto di attenzione e inquietudine da parte di Vilnius, dove la Nato si è impegnata a non mantenere una presenza di truppe permanente.  Davanti all’esitazione di Mosca, la Komsomolskaya Pravda, quotidiano russo putiniano, ha spiegato che in realtà Kaliningrad la sua rivincita contro i baltici se l’è presa da tempo vincendo la guerra dei pesci in scatola.  Le tre repubbliche, dice il quotidiano, ospitavano gli impianti più importanti di lavorazione e conservazione di papalina, un pesce simile alle sardine, e avevano portato avanti questa tradizione dai tempi dell’Unione sovietica. Quando poi Lituania, Lettonia ed Estonia decisero di lasciare l’Urss e, in seguito,  di aderire all’Unione europea, hanno perso il loro primato: non avevano più dove esportare la papalina perché gli altri paesi membri mangiavano altro e inoltre la produzione non rispettava gli standard dell’Ue. Gli stabilimenti, fiorentissimi sotto l’Urss, scrive la Komsomolskaya, iniziarono a licenziare e a  chiudere. La papalina in scatola, che gli europei non gradivano, andava però bene sul mercato russo, dal quale le tre avevano deciso di allontanarsi, così Kaliningrad, la landa russa produttrice di molte cose e che oggi sente le sanzioni più di tutti gli altri in Russia, ha deciso di acquisire i marchi, comprare i macchinari per la papalina in scatola dai tre baltici  e ha messo tutto sotto un unico nome, molto evocativo,  “Per la patria”.

 

Era il 2021 e, scrive il giornale, Riga, Vilnius e Tallinn hanno ricevuto così un colpo silenzioso, ma efficace per vendicare le umiliazioni subìte dai russi: Kaliningrad ha acquisito “un simbolo nazionale per una miseria”. Mentre in Russia si minaccia e si ragiona su  come presentare una possibile ritorsione contro la Lituania, si ricorre alla guerra del pesce per esultare e probabilmente per vendere ai russi una vendetta che non verrà mai consumata. Vicino al trionfalismo, continua anche il vittimismo delle autorità di Mosca che insistono nel chiamare la decisione della Lituania il “blocco di Kaliningrad”. L’exclave soffre molto il peso delle sanzioni, che non sono un blocco. Il vero blocco  è più a sud, è in Ucraina, riguarda il grano e a volerlo è Mosca, che ha interrotto  circa il 10 per cento dell’approvvigionamento alimentare mondiale che passa per il Mar Nero, “ma la Russia preferisce parlare dell’Ue che sanziona l’1 per cento delle merci a Kaliningrad, e si tratta di acciaio, non di cibo”, ha detto Gabrielius Landsbergis, ministro degli Esteri della Lituania. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.