il fronte tedesco

Se solo la Germania fosse rigorosa sull'Ucraina come lo era sul debito

Dov'è finito il rigore tedesco? Il rispetto del Patto di stabilità è forse meno importante della sicurezza europea attaccata da Putin?

Luciano Capone

La Germania predicava austerità e sacrifici ai paesi indebitati, ma ora temporeggia sulle sanzioni energetiche per paura delle ricadute economiche. Ma l'eccessiva dipendenza dalla Russia non è stato un "azzardo morale" come gli eccessivi debiti pubblici?

Sulla gestione della guerra in Ucraina è forse il caso che la Germania, e in particolare Olaf Scholz, inizi a ragionare alla tedesca, cioè come l’establishment politico-economico tra Berlino e Francoforte nel decennio passato sui temi macroeconomici. Dallo scoppio della crisi dei debiti sovrani le autorità tedesche hanno messo gli altri paesi europei, in particolare quelli mediterranei, di fronte alle proprie responsabilità: per avere un’Unione economica efficiente e sostenibile è necessario fare le riforme strutturali, tenere in ordine i conti e ridurre il debito pubblico. Paesi come Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, colpiti da choc esterni aggravati da disfunzioni dell’eurozona, erano comunque responsabili della propria condizione perché hanno evitato una sana e prudente gestione dell’economia esponendosi a rischi che poi si sono verificati. Per evitare di alimentare questo “azzardo morale” era giusto, così si è pensato a lungo dalle parti della Bundesbank e della cancelleria, che i paesi seguissero un percorso di austerità, riforme e sacrifici.

 

Al fondo di questa impostazione c’è una visione moralistica che invita a seguire comportamenti responsabili e a rifiutare vie d’uscita più semplici che però sono foriere di guai maggiori in futuro. Dov’è finita questa rigida impostazione protestante nella crisi ucraina? Il governo tedesco si è mostrato oscillante, ambiguo e incapace di motivare la sua posizione con argomenti coerenti. In ogni occasione, nella posizione tedesca è sembrato prevalere il piccolo interesse particolare rispetto all’enormità di un’invasione militare nel cuore dell’Europa accompagnata da terrificanti crimini di guerra. Rispetto alle sanzioni energetiche il governo tedesco è apparso più preoccupato delle ricadute economiche interne che dell’efficacia per fermare Putin, frenando chi chiede misure più dure, come il tetto al prezzo del gas russo proposto dall’Italia. In un’intervista allo Spiegel Scholz è arrivato ad dire che l’embargo sul gas russo non è necessario perché Putin non è “suscettibile alle argomentazioni economiche”, salvo poi dire che le sanzioni stanno provocando “enormi danni” alla Russia.

 

In pratica Putin sarebbe suscettibile a tutte le sanzioni tranne a quelle a cui è suscettibile l’economia tedesca, come il gas. Un bel colpo di fortuna per la Germania! In realtà è un’argomentazione tanto illogica quanto ipocrita, che tradisce le ragioni del cancelliere: se in gioco ci sono gli interessi e la competitività dell’industria tedesca allora le sanzioni diventano o inutili o insostenibili, anche se le analisi fatte da economisti tedeschi mostrano che un embargo totale produrrebbe una contrazione del pil massimo del 6%. Un grande sacrificio, certo, ma inferiore a quelli sopportati dai cosiddetti Pigs durante la crisi dei debiti sovrani. Eppure, come i paesi mediterranei indebitati, la Germania non si trova in questa condizione di eccessiva dipendenza dalla Russia per disgrazia divina. Ma per sua responsabilità, per una strategia politica perseguita nei decenni. Anche dopo l’annessione della Crimea nel 2014, Berlino ha rafforzato ulteriormente i suoi legami con Mosca. Mentre molti paesi alleati, di qua e di là dell’Atlantico, chiedevano di bloccare il gasdotto Nord Stream 2, la Germania andava avanti pur sapendo di aumentare la propria dipendenza dalla Russia.

 

Avere energia a prezzi convenienti ignorando i rischi non è forse un azzardo morale? Aumentare la dipendenza energetica senza preoccuparsi delle conseguenze future è poi così diverso dal comportamento dei paesi che non si preoccupano di un grande debito pubblico? E perché Berlino fa il “falco” fiscale sul rispetto dei parametri e la “colomba” energetica sulle sanzioni alla Russia? Se la Germania censurava i paesi europei che chiedevano più tempo e flessibilità perché così scaricavano i costi dell’aggiustamento fiscale sull’eurozona, l’attendismo di Scholz sulle sanzioni sul gas per paura di ritorsioni da parte di Putin non scarica forse i costi sull’Ucraina? Sono forse il rispetto del Patto di stabilità e la salvaguardia della stabilità finanziaria meno importanti del rispetto del diritto internazionale e della difesa dell’ordine di sicurezza europeo attaccati da Putin con l’invasione dell’Ucraina? Dov’è finito il rigore tedesco?

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali