Sicurezza alimentare

Serve un "corridoio umanitario" del grano

Cecilia Sala

 L'Onu vuole organizzare un’operazione per andare a prendere 30 milioni di tonnellate di frumento in Ucraina. Per i mercantili ci vuole la scorta militare e si pensa a Erdogan. Gli esempi da seguire

Il segretario generale delle Nazioni unite António Guterres vuole organizzare un “corridoio umanitario” dall’Ucraina: non per le persone, ma per il grano. Nel paese ce ne sono trenta milioni di tonnellate (più di tre volte quello che si consuma in Italia in un anno) e, se potessero essere vendute all’estero, l’economia di Kyiv ci guadagnerebbe quindici miliardi. Oggi Mario Draghi, durante un’informativa in Senato sulle conseguenze della guerra, ha parlato della crisi alimentare e ha detto: “Ho chiesto al presidente Biden un sostegno per un’iniziativa che sblocchi immediatamente le milioni di tonnellate di grano dell’Ucraina”.  Dal 27 febbraio, il terzo giorno dell’invasione, tutti i porti – da Odessa a Mariupol – sono bloccati dalle navi da guerra russe. In quei porti ci sono almeno ottanta navi cargo, alcune sono vuote e altre hanno ancora il carico con cui erano pronte a partire alla fine di febbraio: quando i carri armati russi hanno varcato i confini, gli equipaggi sono tornati nei paesi di provenienza e le hanno abbandonate. Adesso gli agricoltori ucraini non hanno più spazio nei silos per accogliere il raccolto di quest’anno e dicono che, se non ricominciano le esportazioni, non c’è posto per conservare il grano e loro inizieranno a buttarlo. 
Per evitare che succeda, serve una missione in cui le navi militari di un paese terzo scortino quelle mercantili già presenti nei porti ucraini fino in mare aperto. Guterres sta parlando con tutti ma, anche in questo caso, punta su Erdogan.


Lui farebbe da garante e la scorta militare sarebbe della flotta turca. In Ucraina il più importante porto commerciale è quello di Yuzhne, a quaranta chilometri dal centro di Odessa, in tempo di pace ci lavoravano cinquemila persone e se il corridoio alimentare ci sarà molto probabilmente partirà da lì. Ci sono precedenti nella storia per operazioni simili, li ha citati Andriy Stavnitser – uno dei soci del porto – facendo l’esempio della guerra in Somalia e dicendo che è “realistico” pensare di trovare un modo per proseguire le esportazioni anche in questo caso. L’ammiraglio americano James Stavridis ha detto all’Economist che bisogna imitare ciò che ha fatto la marina americana per proteggere le petroliere nel Golfo persico durante la guerra tra Iraq e Iran. 


Oggi Draghi ha detto: “Occorre che le navi siano lasciate passare e, se i porti sono stati minati, che vengano sminati”. Da quando la flotta russa si è schierata nel Mar Nero di fronte Odessa, da dove lancia missili sulla città e in profondità nel territorio, gli ucraini hanno minato la spiaggia e il mare vicino alla costa. Per Kyiv far partire i carichi di grano è una priorità, ma non può bonificare l’area senza delle garanzie: non basta che le navi nemiche promettano di non sparare per un periodo limitato di tempo, se poi ci si ritrova senza protezioni appena il corridoio si chiude. 


Guterres – al vertice dell’Onu sulla sicurezza alimentare di mercoledì – ha detto che sta parlando con il Cremlino, che è “fiducioso”, ma che “la strada è lunga”. Ha parlato anche di soluzioni per riportare sul mercato globale alimenti e fertilizzanti russi (che non sono sanzionati), e forse è un modo per convincere Mosca ad accettare l’operazione per portare il grano di Kyiv fuori dai confini: “Non entro nei dettagli solo perché ogni dichiarazione pubblica fatta adesso potrebbe rovinare le chance di successo” del corridoio.

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