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il soldato morto nel parcheggio

La diga di Lyman. Nella base sotterranea con il comandante che difende il Donbas

Cecilia Sala

I russi bombardano tutto il giorno per provocare un'esondazione, intrappolare gli ucraini nelle posizioni di difesa e colpirli alle spalle. “Questa mattina è morto uno dei miei, non abbiamo ancora avuto il tempo di mettere in ordine”, spiega Fox, il militare a capo di questo centro di comando

Kramatorsk, Donbas. Fox è il nome di battaglia del comandante della brigata che difende Lyman e l’area circostante. Nella base sotterranea che è il loro centro di comando ci sono le lavagne magnetiche, i monitor e le mappe stese su un grande tavolo al centro della stanza. Si strofina la faccia con le mani e parla con i suoi dodici uomini, soprattutto con Dimitri, l’unico ingegnere sul posto. “I russi stanno prendendo di mira la diga”, arrivando in città si vedevano le macerie: l’hanno sfiorata, i danni per il momento sono limitati ma i colpi continuano a piovere in quella direzione e l’obiettivo è provocare l’esondazione. In quel caso le posizioni ucraine – che sono accanto – si ritroverebbero in acqua e quindi in trappola. Bisogna prendere una decisione difficile perché spostarsi da lì vuol dire abbandonare la città, ci vivono ancora quasi diecimila persone ed è uno snodo ferroviario importante.


Finché non arrivano pezzi nuovi come gli obici 155 millimetri (l’ultimo regalo e uno dei più preziosi), il raggio dell’artiglieria ucraina è più corto di quello dell’artiglieria russa e se indietreggiano troppo non sono più in grado di rispondere ai colpi. Restare significa rischiare di essere inondati. Dimitri dice di aspettare ancora, ha una ferita al braccio destro che si è fatto nove giorni fa a Yampil, un villaggio piccolo a est di Lyman: i russi lo hanno distrutto con l’artiglieria e poi sono entrate le truppe – è la loro tattica preferita al momento. “L’obiettivo dei soldati di Putin è solo conquistare più territorio possibile entro il 9 maggio, il giorno della parata della Vittoria a Mosca,  per poi vantarsene mappe alla mano. Se c’è ancora un palazzo in piedi in quel territorio oppure no, a loro non interessa”, dice il comandante Fox al Foglio.

 

Nella base sottoterra i bombardamenti sono continui e l’angolo di sud-est in cui si trova – nell’arco di ventiquattro ore – è diventato uno dei più pericolosi, quello dove i russi sono arrivati alle porte della città. La base è in una zona industriale, nei sotterranei di un edificio collegato a un capannone con dei silos. La nostra macchina è parcheggiata lì, vicino a un trattore con accanto una pozza di sangue: “Questa mattina è morto uno dei miei, non abbiamo ancora avuto il tempo di mettere in ordine”, dice Fox. I militari ci lasciano fotografare la base, descriverla e localizzarla (di solito non succede) perché i russi la conoscono già. Hanno continuato a colpirla per tutto il giorno: hanno ucciso un soldato, a terra ci sono i vetri rotti e nell’arco di tre ore sul piazzale si sono formati due nuovi crateri lasciati dall’artiglieria.

 

Alle tre di pomeriggio Fox fa una pausa e spiega: “In questo momento la situazione è da codice giallo, il più grave finché stiamo ancora tutti bene. Se la diga sopravvive per oggi è andata. Se crolla i russi entrano contando sulle nostre spalle scoperte, e andiamo a combattere strada per strada”. Significa carneficina di civili oltre che di soldati, ma nonostante le bombe ieri sera la diga era in piedi.

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