(foto Ap)

Il freno tedesco. Tutte le esitazioni di Scholz prima di inviare armi a Kyiv

Flaminia Bussotti

Il ruolo dei Verdi, il pasticcio del presidente Steinmeier e le zavorre filorusse. La corsa a ostacoli tutta interna del cancelliere alle prese con la guerra in Ucraina

Berlino. La guerra in Ucraina infuria da due mesi e la Germania fatica a trovare la bussola: condanna unanime dell’aggressione russa, solidarietà politica e aiuti militari, pochi e soprattutto non quelli sollecitati: le armi pesanti. Almeno finora. Piuttosto Berlino preferisce staccare assegni con cui Kyiv potrà comprarsi le armi desiderate. Il cancelliere Olaf Scholz è alle prese con una crisi di credibilità e di fiducia, in Parlamento e nella stessa coalizione, a nemmeno cinque mesi dal suo giuramento. In teoria esiste una maggioranza al Bundestag per far cadere il governo con i voti dell’opposizione Cdu-Csu e di qualche franco tiratore dalle file della coalizione semaforo fra socialdemocratici, verdi e liberali, e questo spiega la svolta sulle armi pesanti arrivata dal vertice Nato sulla Difesa a Ramstein. Le bordate vengono anche dagli alleati: il verde Anton Hofreiter ha accusato Scholz di tergiversare e paragonato il suo stile a quello della Merkel: “Sono molto simili, questo è il problema”. Michael Roth, della Spd come Scholz, capo della commissione Esteri, lo ha contraddetto dicendosi invece favorevole a fornire armi pesanti. E la liberale Marie-Agnes Strack-Zimmermann, presidente della commissione Difesa, ha evocato le dimissioni: se Scholz resta della linea che “dobbiamo guidare non solo in economia ma anche militarmente, a chi non vuole accettare questo ruolo dico: allora siete probabilmente nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
 
Il motto recitato da Scholz come un mantra per rettificare l’immagine di slalomista imperscrutabile – “Chi reclama da me il comando, lo avrà” – è alle ortiche. Al suo posto un altro vocabolario viene sillabato da media, opposizione e membri del suo governo. Herumlavieren, Zaudern, Zögern, variazioni sullo stesso tema che stanno all’opposto del comando: barcamenarsi, esitare, indugiare. Per lui è stato coniato un nuovo concetto semantico: il verbo “Scholzeln”, neologismo che declina l’idea di cerchiobottismo. E’ parente di quello creato per Angela Merkel, che pure era specialista nel tenersi sul vago sui temi scivolosi: “Merkeln”, cioè dire e non dire, lasciare fumosa l’interpretazione. Solo che l’èra della ex cancelliera Cdu è durata 16 anni. Per Scholz siamo all’inizio.


Per il cancelliere è stato coniato il verbo “Scholzeln”, neologismo che declina l’idea di cerchiobottismo. E’ parente di “Merkeln”, dire e non dire



Secondo la Zeit, sull’Ucraina Scholz ha perso la capacità di interpretare i fatti, “sembra insieme suscettibile e apatico”. E lo Spiegel, altro settimanale certo non ostile alla Spd, rispolvera l’immagine di Scholzomat, un robot che sputa le parole meccanicamente: “Frasi fatte anziché leadership”, e sottolinea che due terzi dei tedeschi sono scontenti di lui e lo ritengono un cancelliere debole, mentre in rete impazza l’hashtag #Scholzmussweg, Scholz se ne deve andare. Tutto sbagliato per Spiegel quello che Scholz fa al momento: la disastrosa politica verso la Russia, gli intrecci della Spd con Mosca, i tentennamenti con Kyiv e sulle forniture di armi, e una pessima strategia di comunicazione. Riferendosi alla intricata rete di relazioni con Mosca, Bild calca la mano e mutua la P della sigla Spd da Partei in Peinlichkeit: Sozialdemokratische Peinlichkeit Deutschlands (Imbarazzo Socialdemocratico della Germania). 

Gli argomenti invocati via via da Scholz possono essere anche condivisibili ma è la confusione che lascia perplessi e solleva il sospetto che si tratti solo di scuse: come il timore di un’escalation che degeneri in una terza guerra mondiale; il cattivo stato delle forze armate, la Bundeswehr; la mancanza di disponibilità degli armamenti richiesti da Kyiv, pena il rischio di non rispettare gli obblighi nella Nato; o l’argomento che queste armi richiederebbero un addestramento lungo per gli ucraini. Soprattutto, come ha criticato l’ex presidente della commissione Esteri Norbert Röttgen (Cdu), stupisce la pessima comunicazione di Scholz. Saranno fornite armi o no, e come, quando? E il denaro? “E’ tutto vago”, ma in una tale crisi “il cancelliere deve essere trasparente”, è un dovere democratico. Poi, quattro giorni dopo la lunga intervista a Spiegel in cui Scholz snocciolava le ragioni del suo “Nein”, la svolta annunciata a Ramstein dalla ministra della Difesa Christine Lambrecht (Spd). Cade il veto sulle armi pesanti: la Germania fornirà direttamente all’Ucraina 50 carri armati Gepard, dotati di cannoni da 35 millimetri e radar. Panzer dismessi dieci anni fa e rimandati all’industria produttrice Krauss-Maffei Wegmann (Kmw) che provvederà ora a inviarli a Kyiv, altri invece provengono dai depositi della Bundeswehr. Lo Spiegel ipotizza che ora, dopo i Gepard, possano seguire anche le forniture di Leopard della Rheinmetall.

A dare una mano a Berlino nel frenare lo slancio europeo verso l’Ucraina, e non dare troppo fastidio alla Russia, ha pensato il cancelliere austriaco Karl Nehammer, che proviene da un partito di segno opposto, quello popolare Övp, paragonabile alla Cdu. Ancor più della Germania, l’Austria è dipendente dal gas russo (all’80 per cento) e intrattiene da sempre rapporti molto stretti con Mosca in virtù anche della sua “immerwährende Neutralität”, la neutralità perenne, imposta dall’Unione sovietica quando il paese, occupato nel Dopoguerra dagli Alleati, riacquistò la sovranità con il Trattato di stato del 1955. Non a caso la neutralità austriaca è uno dei modelli evocati per l’Ucraina come ipotesi di una pacificazione dopo la guerra. Tre settimane fa Nehammer si era recato a Kyiv e subito dopo, primo premier europeo a farlo dall’inizio della guerra, era andato a Mosca da Putin in un incontro che non ho sortito alcun risultato. Con una corsa in avanti che ha sorpreso tutti, l’Austria, membro dell’Unione europea dal 1995, ha frenato sull’adesione di Kyiv all’Ue. Lo ha fatto per bocca del ministro degli Esteri Alexander Schallenberg: non è il caso di un’adesione affrettata, per un’integrazione ci sono altri metodi, ha detto. Anche la Germania è tiepida su un’adesione dell’Ucraina all’Ue. Austria e Germania hanno rapporti stretti con i Balcani e appoggiano una loro adesione, in stand by sui tavoli di Bruxelles da circa dieci anni. 


Il viaggio del capo di stato tedesco è stato bloccato da Kyiv. Il giornalista Hans-Ulrich Jörges: “Un disastro che mostra quanto sia debole il paese ora”



Scholz è stato fra i leader europei a vedere Putin poco prima dell’invasione dell’Ucraina e a essere ricevuto sul tavolo fantozziano di sei metri. Ma finora, nonostante i ripetuti inviti di Zelensky, non ha mai messo piede a Kyiv. A sconsigliare un viaggio probabilmente c’è il fatto che sarebbe andato a mani vuote (l’Ucraina si aspetta solo armi pesanti) e da ultimo anche l’incidente diplomatico col presidente Frank-Walter Steinmeier, che avrebbe voluto recarsi in visita assieme al presidente polacco e ai tre degli stati Baltici, ma su cui invece è arrivato lo stop di Kyiv, che non perdona al due volte ex ministro degli Esteri Spd, e attuale capo di stato tedesco, di essere stato un attivo promotore della politica filo-russa tedesca. Non ci servono le passerelle, ci servono armi, è stata la risposta di Kyiv. Adesso, dopo Ramstein, si parla di una visita di Scholz a Kyiv assieme al presidente francese Macron.

L’incidente con Steinmeier è stato condannato da tutto il governo e buona parte della classe politica che vi ha visto oltre che una gaffe diplomatica con un presidente eletto, anche un’offesa a tutto il popolo tedesco. Ma non tutti la vedono così. Hans-Ulrich Jörges, giornalista pluripremiato, ex membro della direzione del settimanale Stern e oggi fra gli opinionisti più autorevoli, e diretti, in Germania, ritiene che “il disastro Steinmeier mostri quanto sia debole il paese in questo momento”. E’ stata una viltà voler andare “scortato da quattro presidenti a causa della sua coscienza sporca per la sua politica filorussa”. “La Germania sta arrecando grave danno all’Europa, è la vigliacca d’Europa”. Draghi invece ha detto chiaramente che non si può tornare a fare business as usual. “Ammiro molto Draghi anche se non sono in molti in Germania a farlo: ha salvato l’euro, ma purtroppo noi non abbiamo un Draghi tedesco!”. L’immagine della Germania “è così danneggiata che il Daily Mail è arrivato a invocare sanzioni per le sue importazioni di gas e petrolio”.


Il ministro dell’Economia dei Verdi, Robert Habeck esclude uno stop alle importazioni di gas fino a metà 2024. “E’ assurdo”, sostiene Jörges


La Germania si rifiutava finora di fornire all’Ucraina armi in dotazione della Bundeswehr e le forniture arrivavano dai depositi industriali (armi anticarro, granate, droni, attrezzature di protezione e munizioni): le armi più pesanti sono 12 mortai con un calibro di 120 millimetri e una gittata massima di 7,5 chilometri. In dettaglio le armi di difesa fornite finora sono stati 2.500 missili antiaerei, 900 bazooka e 3.000 munizioni, 100 mitragliatrici, 15 lanciarazzi con 50 razzi, 100.000 bombe a mano, 2.000 mine, 5.300 cariche esplosive e oltre 16 milioni di munizioni di vario calibro per pistole e fucili d’assalto. 

Di recente Scholz ha annunciato due miliardi di euro per aiuti militari internazionali, di cui uno all’Ucraina con cui potrà comprarsi le armi che vuole sul mercato. Inoltre ha tamponato la richiesta di armi pesanti con lo stratagemma del Ringtausch, una specie di balletto a tre in cui la Slovenia fornirà all’Ucraina carri armati del tipo T-72 di fabbricazione sovietica e in cambio riceverà da Berlino panzer di tipo Marder e Fuchs. La Germania così non risulterà diretto fornitore di armi e accontenterà un po’ l’Ucraina sperando di salvare capre e cavoli. Quando queste armi pesanti arriveranno a destinazione via Slovenia non si sa.

A parte il distinguo fra armi di difesa e offensive, che dice di non capire, Jörges è convinto che “l’obbiettivo deve essere il rovesciamento di Putin”, questi dittatori devono scomparire, e per questo servono armi. Ma per la classe politica tedesca e una larga fetta della popolazione è inconcepibile. Nel suo famoso discorso al Bundestag, quello dell’annuncio di 100 miliardi alla Difesa, “Scholz ha parlato di ‘svolta epocale’, ma penso che dietro ci sia un altro pensiero, un cambio di paradigma per i tedeschi è inconcepibile, non possono immaginare una Russia senza Putin, pensano ancora nelle categorie di Putin”. Scholz “è l’amministratore della tradizione della Spd e nella Spd si gravita ancora attorno a Putin, non hanno capito che non si può più fare politica con lui, vogliono tornare al punto di partenza, sperano in un cessate il fuoco, una spartizione così poi Scholz va a Mosca e tutto è come prima”. Putin invece deve scomparire ma questo pensiero non c’è nella Spd: “Scholz sa che c’è una grossa fetta di tedeschi filorussi che se ne fregano della guerra, e sa di avere dietro di sé una forte minoranza pro Russia”. I Verdi sono diversi, sono sempre stati critici con Putin. Adesso ci sarebbe una maggioranza per far cadere il governo, questo è un tema classico per la fine di una coalizione. (L’opposizione Cdu- Csu incalza da settimane e ha annunciato una mozione al Bundestag per fornire armi pesanti all’Ucraina, il che spiega la mossa di anticipo del governo sui Gepard. Giovedì quindi l’Unione ha ritirato la mozione e governo e opposizione sono uniti su forniture di armi pesanti). Secondo Jörges, la coalizione si tiene in piedi grazie al vice cancelliere e ministro dell’Economia verde, Robert Habeck. Avrebbe voluto il ministero delle Finanze (andato invece al liberale Christian Lindner) e vuole dimostrare di essere sensibile all’economia e per questo esclude uno stop alle importazioni di gas fino a metà 2024. “E’ assurdo, questa non è una politica di sanzioni ma di transizione energetica – dice Jörges –, l’argomento che altrimenti ci sarebbe una crisi di disoccupazione e povertà è una sciocchezza. Per gli esperti sarebbe meno pesante della crisi del Covid, un boicottaggio del gas russo sarebbe gestibile”. 

Più incisivo il ruolo della ministra degli Esteri verde Annalena Baerbock, che parla una lingua molto chiara e non a caso è al primo posto per popolarità nei sondaggi, che secondo Spiegel peraltro indicano dall’inizio della guerra in Ucraina il 24 febbraio la Cdu-Csu in testa al 25 per cento, seguita dalla Spd al 24 e dai Verdi al 20 (un aumento di cinque punti rispetto alle elezioni). Da Riga la Baerbock ha annunciato che la Germania vuole rompere con la dipendenza energetica da Mosca: il carbone entro l’estate, il petrolio del tutto per la fine dell’anno: quanto al gas, ha ammesso, la Germania non si muove da sola ma di concerto con l’Ue. Dalla Polonia, Habeck ha subito rilanciato annunciando già per i prossimi giorni lo stop alle importazioni di greggio russo.


“La responsabilità della dipendenza politica ed economica della Germania dalla Russia è principalmente della Merkel”


Secondo Jörges, si deve fermare completamente l’importazione di petrolio, gas e carbone, colpire la Russia in modo duro: le banche, il sistema swift, un embargo commerciale totale. “Siamo all’assurdo: è la Nato ad avere paura di Putin, non Putin della Nato. Non ha senso dire che la Nato non vuole intromettersi in Ucraina se la Russia usa le armi chimiche”. La Germania è la forza centrale della Nato in Europa e la Germania frena. Gli stati esteuropei hanno un ruolo più importante, “hanno capito la storia, mentre la Germania l’ha capita male”. Si invoca sempre l’argomento dell’invasione nazista dell’Unione sovietica nel 1941 con 27 milioni di morti, ma c’erano anche gli ucraini fra quei morti. La Russia non è l’Urss che comprendeva anche Ucraina e Bielorussia. Basta pensare al massacro di Babyn Jar (dove il 29 e 30 settembre 1941 i nazisti trucidarono 33.000 ebrei in uno dei maggiori singoli massacri della Seconda guerra mondiale): il memoriale della strage (presso Kyiv) è stato bombardato ora dai russi. 

Per Jörges “la Germania ha un ruolo fatale in Europa: quale sarà il bilancio fra cinque anni dopo i massacri in Ucraina? Una disfatta morale solo per salvare la sua industria: e questo con la storia che ha!”. A suo giudizio, la responsabilità della dipendenza politica ed economica della Germania dalla Russia è principalmente della Merkel, che ha “spinto per il gasdotto Nord Stream 2 e ha ignorato le sanzioni americane”. E’ stata sempre lei (col presidente francese Sakozy) che al vertice Nato del 2008 impedì l’ingresso dell’Ucraina: “E’ stato un errore, oggi l’Ucraina avrebbe più forza e non ci sarebbe stata l’aggressione russa”. Marginale invece a suo avviso il ruolo dell’ex cancelliere Spd Gerhard Schröder, lobbista di Mosca per l’energia. Su di lui peraltro si sono ora levate voci nel partito per una sua espulsione: “Era solo un manifesto pubblicitario, è servito a rendere Putin più simpatico ma niente di più. Ben diverso invece il peso della cancelliera”.

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