Foto AP Photo/Francois Mori 

“Vinca il pensiero lucido, non la rabbia”. L'appello di Morin per Macron

Giulio Silvano

Il filosofo esorta i giovani a votare per il presidente: da una parte c’è una nazione “aperta, tollerante, laica, umanista”, dall’altra una Francia “chiusa, aggressiva, nazionalista, gerarchica, razzista”

Per essere un accademico che ha passato più di mezzo secolo ad analizzare il pensiero complesso, quello che Edgar Morin dichiara in un video postato ieri sul suo profilo Twitter è di una semplicità lampante: la Francia è a un bivio. Da una parte c’è una nazione “aperta, tollerante, laica, umanista”, dall’altra una Francia “chiusa, aggressiva, nazionalista, gerarchica, razzista”. Ci sono al voto due concezioni diverse dello stato, della società, del mondo. Un pericolo per il sistema democratico as we know it. Scegliendo la strada della chiusura, dell’antieuropeismo, la Francia rischia di “essere inghiottita” da questa direzione autoritaria, che oggi prende campo in Ungheria e in Turchia, e di quest’aggressività di cui oggi vediamo nella Russia la peggior incarnazione contemporanea.

 

 

Edgar Morin ha compiuto cent’anni l’estate scorsa. Ha visto, ha osservato, gran parte degli orrori del Novecento. Quando Macron nasceva ad Amiens nel 1977, il filosofo si era già allontanato dal Partito comunista (perché anti stalinista) e aveva già scritto una quindicina di libri. Da vero social-surrealista che ama Montaigne, un fil rouge della sua opera – analizzando dinamiche sociologiche, epistemologia e compiendo incursioni nella filosofia della scienza – è il tentativo da umanista di unire, di mostrare all’umanità tratti comuni, universali. E’ necessaria, scriveva Morin in “La testa ben fatta”, “una presa di coscienza della comunità di destino propria alla nostra condizione planetaria, in cui tutti gli umani sono messi a confronto con gli stessi problemi vitali e mortali”. Siamo tutti nella stessa barca, insomma. Ma il problema è chi è al comando di questa barca. E i francesi il 24 aprile, domani, sceglieranno il capitano che li condurrà per i prossimi cinque anni in un mare molto mosso.

 

Questo video di Morin è un appello, soprattutto ai giovani, alla “notre jeunesse”, a votare per Macron. “Non dobbiamo lasciare”, dice, “che la rabbia, nemmeno quella più forte, vinca mai sul pensiero lucido”. Non nomina Marine Le Pen. In questi giorni sui social, oltre agli innumerevoli meme con le fotografie del presidente scattate da Soazig de La Moissonnière, gira anche una vecchia copertina di Libération con il volto di Jean-Marie Le Pen, il papà di Marine, con scritto “Non”, No. Sono passati vent’anni da quando il capo del Front National andò al ballottaggio contro Chirac. Quello del pensatore centenario non è un invito al negativo, ma un’invocazione propositiva. “Votate Macron perché è il voto responsabile, votate Macron perché è il voto che apre alle prospettive per il futuro”. Nessuno credeva che Trump potesse vincere, eppure è successo, e ancora molti oggi restano increduli. Con Le Pen può succedere la stessa cosa, ed è anche per quello che diversi intellettuali stanno prendendo posizione. 

 

Ascoltando Morin in questi giorni di orribili immagini che arrivano dal fronte, viene in mente la sua storia di ebreo resistente. Oggi che si esprimono tanti giudizi sull’appropriazione giusta o sbagliata del termine “resistenza”, va ricordato che il pensatore parigino nacque con il cognome Nahoum, e che il nome che ha usato poi per gran parte della sua vita, sulle copertine dei suoi libri, ogni giorno nella sua vita privata, “Morin” era il suo nome di battaglia nella résistance, combattente clandestino a fianco di François Mitterrand, quando i nazisti facevano sventolare la svastica sugli Champs-Élysées.