Ansa

Putin vuole tornare agli antichi fasti e per riuscirci è pronto a tutto

Andrea Walton

L’espansione della sfera d’influenza russa nello spazio post-sovietico è una delle principali motivazioni per l'invasione dell'Ucraina. Per raggiungere il suo obiettivo Putin non si pone limiti, anche a costo di costo di sfaldare le partnership regionali e le alleanze nell'est dell'Europa

L’espansione della sfera d’influenza russa nello spazio post-sovietico è una delle principali motivazioni che hanno spinto Vladimir Putin ad invadere l’Ucraina. Il Cremlino vuole tornare agli antichi fasti, poco importa se imperiali o sovietici e per riuscirci è pronto a giocarsi il tutto per tutto. Anche a costo di sfaldare le partnership regionali, come l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), che ha costruito laboriosamente nel corso degli ultimi decenni. La CSTO è un’alleanza politico-militare, poco conosciuta, siglata nel 1996 da sei nazioni post-sovietiche: Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan. Un attacco contro uno degli Stati membri è considerato come un attacco contro tutti ed impegna i contraenti ad una reazione collettiva. Chi ne fa parte non può aderire ad altre alleanze militari, esattamente come nell’Alleanza Atlantica ma può scegliere di recedere, come accaduto nel 1999 ad Azerbaigian, Georgia ed Uzbekistan.

La CSTO non è un’alleanza militare tra pari. La Russia riveste un ruolo dominante e tende ad assoggettarla ai propri interessi e priorità strategiche. Secondo alcuni non è altro che uno strumento utilizzato da Mosca per mantenere un controllo totale sui suoi ex territori. Tutti i membri della CSTO sono regimi autoritari e tra le sue debolezze intrinseche ci sono l’assenza di valori comuni e l’incapacità di intervenire in situazioni di crisi. Le cose sono cambiate nel gennaio 2022, quando la CSTO è intervenuta in sostegno del governo del Kazakistan, minacciato dai tumulti.

 

L’invasione dell’Ucraina ed il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk come indipendenti sono stati accolti con molto scetticismo all’interno della CSTO. Il Kirghizistan ed il Tagikistan hanno proclamato la propria neutralità, a causa delle relazioni cordiali intrattenute tanto con la Russia quanto con l’Ucraina, chiedendo il rispetto delle norme del diritto internazionale e la ripresa del dialogo. Gli Stati dell’Asia Centrale vogliono avere rapporti produttivi con l’Europa e gli Stati Uniti ma non possono ignorare la Russia per una serie di motivi, anche economici. Centinaia di migliaia di kirghizi e tagiki vivono e lavorano nella Federazione Russa e le rimesse che inviano a casa costituiscono più del 20 per cento del Prodotto Interno Lordo locale.

Il Presidente del Kazakistan Kasym-Žomart Tokaev ha deciso di proporsi come mediatore tra i due Paesi in conflitto ed ha scelto la strada dell’astensione nel voto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione di condanna della Russia. Le vicende ucraine hanno colpito duramente l’economia kazaka ma sullo sfondo ci sono anche ansie storico-geopolitiche. Il Kazakistan ha legami plurisecolari molto forti con la Russia e costituisce, come ricordato da Asia News, “l’altra faccia dell’Ucraina”. Non è escluso che, in un prossimo futuro, Putin possa mettere gli occhi su questa nazione sfruttando i legami come pretesto.

Il governo armeno ed i funzionari politici locali sono rimasti con la bocca cucita sulle azioni della Russia. L’unica dichiarazione ufficiale si è limitata a confermare, in maniera laconica, che Yerevan non intende riconoscere l’indipendenza di Donetsk e Lugansk e che, come segnalato da Global Voices, venga trovata “una soluzione pacifica” al confitto. Daniel Ioannisyan, un attivista politico locale, prova a vedere il bicchiere mezzo pieno affermando che “l’Armenia è in una situazione così triste per quanto riguarda la sua sovranità e l’indipendenza dalla Russia che il silenzio è già una buona cosa”. La dipendenza da Mosca, con cui ha un accordo che garantisce la presenza delle truppe e delle basi militari russe sul proprio territorio, viene sfruttata per difendersi dalle minacce provenienti dalla vicina Turchia e dall’Azerbaigian.

L’isolamento internazionale imposto a Mosca dopo la decisione di invadere l’Ucraina ha avuto un effetto dirompente sul sistema delle relazioni internazionali della Russia. Se è vero, da un lato, che non mancano i silenzi assensi e le amicizie più o meno esplicite, non bisogna dimenticare che la Russia può evitare di giocare di rimessa solamente nel proprio cortile di casa. La Bielorussia, con cui sono stati siglati accordi di cooperazione militare ed economica e di cui è stato sfruttato l’isolamento, ha giocato un ruolo chiave nelle decisione di attaccare l’Ucraina. Ma, senza dubbio, è troppo poco.

Di più su questi argomenti: