Foto LaPresse / Evgeniy Maloletka 

Dobbiamo prevenire la guerra a ogni costo. Anche con un dispiegamento di armi

Marcello Pera

Prendiamo Putin sul serio, ma senza farci impaurire. E prepariamoci a rilanciare. Ora è l’ora della reazione e dell’azione perché non può esserci solo il contenimento nella speranza del tutto vana che una invasione lunga fallirà da sé

La reazione dell’Europa all’invasione russa dell’Ucraina è stata positivamente inaspettata. Devono riconoscerlo anche gli euroscettici. Anche se è vero in generale che la paura unisce e mette a tacere le differenze e le divergenze, è giusto osservare che l’Unione europea si è stretta attorno a una strategia senza tentennamenti anche se con distinguo considerevoli, che però non sono esplosi e non l’hanno bloccata. I leader europei hanno compreso due punti: che erano impreparati e increduli fino all’ultimo, anche quando i servizi americani già gli passavano informazioni dettagliate sull’invasione; e che negli ultimi anni, anche dopo l’annessione della Crimea, hanno praticato una politica suicida sull’approvvigionamento di energia. Non era da lungimiranti attaccarsi alla canna del gas di Putin come alla cannuccia di una Coca-Cola. Certamente non era politica europea, anche se ben serviva l’interesse della Germania.


Ma le responsabilità, molte e diffuse, si valuteranno dopo. Ora è l’ora della reazione e dell’azione. Perché non può esserci solo il contenimento nella speranza del tutto vana che una invasione lunga fallirà da sé o che Putin sia costretto ad una marcia indietro, solo perché ha commesso gravi errori di calcolo o perché la popolazione russa, morsa dalle ristrettezze, lo farà dimettere. Un dittatore come lui cade o con la violenza di un golpe o con una congiura di palazzo al Cremlino, come accadeva ai tempi dell’Urss. Ma di questo, al momento, non c’è traccia alcuna. Al contrario, c’è l’evidenza, per chi vuol vederla e toccarla con mano, di un disegno imperiale da vecchio impero russo o da più recente impero sovietico che Putin è determinato a realizzare fino in fondo, costi che quel costi. Agli occhi di chi lo coltiva, il sogno di un impero vale qualunque sacrificio. La pace non è contemplata, se non dopo, quando la imporrà il vincitore. E, come ha riconosciuto il presidente Draghi, Putin non vuole la pace, ma la vittoria.


Bene dunque la strada intrapresa dall’Unione europea. Ma è una strada lunga, che nell’immediato e nel breve periodo non garantisce il successo; piuttosto, assicura a Putin tempo e soldi preziosi per le sue mire. Quando l’Ucraina fosse caduta e le restrizioni economiche e finanziarie infine mettessero in ginocchio la Russia, Putin avrà vinto lo stesso: chiamerà il suo popolo anche alla carestia; questo, non potendo diversamente lo asseconderà; e noi ci troveremo con una sconfitta storica e la prospettiva di altre catastrofi. E allora? Mettiamo in riga le posizioni e i fatti. Non è difficile, perché le intenzioni Putin non le nasconde e i fatti già si stanno svolgendo.


Primo. L’operazione di Putin è preparata da lungo tempo, non è una reazione immediata e emotiva.Era ben chiara a lui che ne aveva informato i suoi servizi di intelligence, l’esercito e i suoi boiardi, quegli oligarchi fedeli che ora cercano riparo dalle sanzioni occidentali, spostandosi dove avevano previsto di farlo in caso di necessità. 

Secondo. L’operazione di Putin non poteva essere che una guerra di annessione. Perché, lui dice, l’Ucraina “non esiste come nazione”, se la inventò Lenin. Putin non ricorda che Stalin ne fece un gulag dove sterminò milioni di persone, ma anche la dimenticanza serve a Putin per mostrare che l’Ucraina è sempre stata parte dell’Unione sovietica, ribellatasi senza averne il diritto, a differenza di altre province, dalla Crimea a quelle del Donbas, che invece il diritto lo avevano, perché volevano riunirsi alla madre patria. Non conta smentirlo con la storia, conta che questa sia la sua storia.

Terzo. La guerra in Ucraina implica per Putin una guerra all’Europa, quando e come armata e condotta, dipende, secondo lui, da quanto l’Europa reagirà. Questa guerra ha conseguenze in patria, ma Putin ritiene che siano sopportabili grazie all’alleanza con la Cina. Il presidente Xi gli ha dato l’autorizzazione, salvo chiedergli la cortesia di posticipare l’invasione alla fine dei Giochi olimpici (i paraolimpici contano meno) per non compromettere lo spettacolo degli atleti in mondovisione o perdere un mucchio di soldi. E però, quando è andato ad avvertirlo, il 4 febbraio 2022, Putin ha sottoscritto con Xi quindici trattati, che riguardano greggio, commercio, investimenti, grano. Ha sottoscritto una polizza di assicurazione, che Xi è stato ben lieto di firmare, perché così, di fatto, egli, non Putin, diventava il vero comandante in capo, comunque il beneficiario netto dell’operazione. A Pechino, Putin si è stretto la corda al collo e ne ha consegnato i capi a Xi: può solo sperare che questi non la tiri troppo stretta o troppo presto. Ma se il gioco va, l’asse russo-cinese dominerà il mondo, certamente metterà paura all’occidente. Neppure il sogno di Biden di dividere i due fronti, reggerebbe la realtà, perché il fronte sarebbe unico.

Quarto. Putin ha altri piani oltre l’Ucraina. Uno è palese e l’avrebbe già realizzato se le cose non si fossero messe male per lui. Riguarda non il nord, ma il sud-ovest, la Moldavia. Le truppe russe mirano a Odessa, a due passi dalla Transnistria. Qui Putin ha già truppe, ha distribuito centinaia di migliaia di passaporti russi e già si appella alla parte della popolazione che parla russo. Entrare in Transnistria è come entrare in Donbas: qui per andare in Ucraina, là per andare in Moldavia. A quel punto, saldato il sud al nord, si sarà eretta una nuova cortina di ferro presidiata da armi russe dal Mar Nero al Mar Baltico, e l’Europa si troverà di fronte a un altro confine; in particolare, sarà a diretto contatto con l’esercito russo: Moldavia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Polonia, Lettonia, Lituania e tutto il resto, si troveranno a fronteggiare un serio pericolo, senza poter fare alcuna mossa. Sarebbe la completa vittoria di Putin: avendo minacciato la guerra atomica perché la Nato si è avvicinata troppo alle mura del Cremlino, avrà ottenuto la sua pace portando i suoi missili atomici più vicini alla Porta di Brandeburgo. 


E dunque? In primo luogo, chiamare il bluff. Ad esempio, introdurre Svezia e Finlandia nella Nato. Putin lo considererebbe un atto ostile? Sì, ma non userà contro alcun paese Nato l’arma atomica, perché sarebbe anche la sua distruzione. A che vale lottare per un impero, se poi nessuno lo vedrà se non in cenere? E poi è tutt’altro che certo che la Cina lo seguirebbe su questa strada: anche quella pensa all’impero, ma con altri mezzi, di cui essa dispone, mentre la Russia ne è priva. Dunque, prendere Putin estremamente sul serio, ma non farsi impaurire. In secondo luogo, rilanciare o prevenire. Se si gioca a scacchi, chi fa la prima mossa è in vantaggio. Moldavia, un piccolo paese (tre milioni e mezzo di abitanti), e Georgia, possono essere  unite in un più stretto rapporto con l’Unione europea. E lì si può decidere una no flying zone. La prima ministro della Moldavia ha dichiarato che lo spazio aereo del suo paese è chiuso ai voli commerciali. Alla domanda su chi lo ha deciso, ha risposto la Federazione russa. Dunque, muoversi prima, in anticipo, andando in Moldavia o portando la Moldavia da noi. Anche questo per Putin sarebbe una mossa ostile, ma vale la stessa obiezione. Che potrebbe fare? Moldavia e Georgia non sono ancora terra sua. Se però si aspetta che lo diventino, non si potrà più fare molto.


Fossi un esperto di questioni militari e geopolitiche, aggiungerei di più. Ma sono soltanto un cittadino di una triste Europa, beffeggiata anche da un omofobo patriarca di Mosca, che non vuole vivere sotto alcuna dittatura e non vuole assistere alla morte anticipata della propria civiltà. La guerra, almeno per chi ha un po’ di senso della storia e di cultura cristiana, è sempre possibile. Dobbiamo scongiurarla, ma se per Putin è un’opzione, non possiamo dire che per noi non lo è. Siccome, purtroppo, lo è, dobbiamo essere preparati e prevenirla. Anche con dispiegamento di armi.

 

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