Foto Ansa 

Marina Ovsyannikova ha cercato di svegliare i russi zombificati dalla propaganda

Micol Flammini

La giornalista russa, armata di cartellone contro la guerra, ha scelto un posto simbolico e importante per farlo: il luogo in cui la realtà viene distorta, il teatro della voce di Mosca, quello in cui la guerra non esiste

Marina Ovsyannikova è figlia di un ucraino e di una russa e questo sangue misto, che nessuno vede ma in molti sentono, accomuna gran parte della popolazione della Russia. Ed è la ragione per cui in tanti non capiscono e non accettano questa guerra tra popoli vicini e contigui. Artem Dzyuba, capitano della nazionale di calcio, non giocherà la prossima partita per protesta: ha molti parenti in Ucraina e non se la sente di rappresentare la Russia.

 

La difficoltà di diventare i carnefici dei propri fratelli ha cambiato qualcosa nella mentalità di alcuni russi, qualcuno è andato a manifestare ed è stato incarcerato, qualcuno vive questa situazione in silenzio, e qualcuno, come Marina Ovsyannikova, ha deciso di compiere un gesto molto rischioso. Durante uno dei programmi più seguiti della televisione russa, Vremja, che va in onda alle nove di sera sul primo canale, Olga si è messa alle spalle della presentatrice con un cartello. In inglese c’era scritto “No war” e in russo il cartello continuava così: “Ferma la guerra. Non credere alla propaganda. Qui ti stanno mentendo”. Firmato in inglese: “Russi contro la guerra”. La presentatrice ha alzato la voce per soffocare le parole della Ovsyannikova e frettolosamente la televisione ha mandato in onda immagini da un ospedale. Quando la linea è tornata allo studio, non c’era più traccia della Ovsyannikova, che avrebbe potuto rischiare fino a quindici anni di carcere per aver screditato le forze armate, invece dovrà pagare una multa da trentamila rubli.

 

In molti avevano visto le immagini, i russi che guardano il programma sono soprattutto anziani, e l’emittente ha cercato di modificare la verità, raccontando alla Tass che “una donna estranea” aveva provocato un incidente “a colpi di arma da fuoco”. Ma ci sono i video e in mano aveva un cartellone e non una pistola. La Ovsyannikova non è una donna estranea, è una giornalista del primo canale russo, che conosce meglio di chiunque come lavora la propaganda, lei stessa è stata propaganda, e ha trasformato la verità per metterla al servizio del Cremlino. Ha scelto un posto simbolico e importante per farlo: il teatro della voce di Mosca, quello in cui la guerra non esiste, esiste un genocidio, esiste un popolo, gli ucraini, da “denazificare”. 

 
Il progetto OVD-Info ha pubblicato un video in cui Ovsyannikova dice: “Purtroppo negli ultimi anni ho lavorato sul primo canale, facendo propaganda al Cremlino e ora me ne vergogno molto”. Racconta che i russi sono rimasti immobili a lungo, hanno sopportato, sono rimasti in silenzio e la televisione in questo ha avuto le sue responsabilità: “Mi vergogno di aver permesso che i russi venissero  zombificati”. Il punto di rottura è stato il 2014, l’annessione della Crimea, la creazione delle due repubbliche filorusse, poi tutto è andato sempre peggio: “Abbiamo semplicemente osservato in silenzio questo regime antiumano. E ora il mondo si è allontanato da noi”. 


L’azione di Ovsyannikova è sembrata talmente coraggiosa, anche troppo coraggiosa, e qualcuno ha pensato che fosse qualcosa di orchestrato dalla televisione di stato. Qualcuno l’ha insinuato per sminuire il coraggio, il valore della giornalista, dicendo che se la sua azione fosse stata una vera protesta sarebbe andata in prigione. Qualcuno fa ormai fatica a distinguere tra realtà e finzione. Dove comincia il mondo e dove finisce il putinismo

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.