Crisi in Ucraina, che cosa serve per poter dire: distensione

David Carretta

La diplomazia occidentale del megafono e delle sanzioni serie riporta Putin al negoziato, con un piccolo ritiro delle truppe russe al confine ucraino. Scholz fa una battuta per non discutere con Putin sulla Nato

Bruxelles. La diplomazia del megafono per esporre in tempo reale le mosse del Cremlino, la minaccia di sanzioni senza precedenti contro la Russia e l’unità del fronte occidentale a difesa della sovranità dell’Ucraina sembrano aver portato i loro frutti. La Russia martedì ha annunciato il ritiro di una parte delle sue truppe ammassate alla frontiera ucraina e ha detto di essere pronta a proseguire la via diplomatica per discutere il suo contenzioso di sicurezza con la Nato. La guerra “la vogliamo o non la vogliamo? Certo che no”, ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, dopo aver incontrato il cancelliere tedesco, Olaf Scholz: “È esattamente per questo che abbiamo avanzato le nostre proposte per un processo di negoziato”. In occidente nessuno si fida più della parola di Putin.

   

Tutti vogliono verificare sul terreno il ritiro. “Finora non abbiamo visto nessuna de-escalation sul terreno”, ma “c’è spazio per un cauto ottimismo”, ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “I segnali che vediamo dall’intelligence oggi non sono ancora incoraggianti”, ma “vediamo un’apertura russa alle discussioni”, ha detto il premier britannico, Boris Johnson. “Le parole vanno bene. Aspettiamo gli atti. Se ci saranno, ancora meglio”, ha detto il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian. “Noi in Ucraina abbiamo una regola: non credere ciò che sentiamo, ma credere ciò che vediamo”, ha spiegato il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba.

   

Stoltenberg ieri ha rivendicato il successo della diplomazia del megafono – la condivisione pubblica e in tempo reale delle informazioni di intelligence per esporre le intenzioni della Russia – nella deterrenza. “Mettere a nudo tutto quello che fanno” i russi ha permesso di scoraggiare e prevenire le mosse di Putin, ha spiegato il segretario generale della Nato. Nel faccia a faccia con Putin, Scholz ha tenuto la linea della fermezza sulle sanzioni, malgrado il presidente russo abbia usato la leva dell’economia e del gas per piegarlo. Nel suo intervento introduttivo – diffuso dal Cremlino – Putin ha parlato praticamente solo di commercio e sicurezza degli approvvigionamenti energetici per la Germania. Su Nord Stream 2 “se avviene (una guerra) sappiamo quello che faremo e ciò che accadrà. E penso che tutti sappiamo ciò che accadrà”, ha risposto Scholz.

      
I simboli di unità contano e, in conferenza stampa, Scholz ha fatto mettere alle sue spalle non solo la bandiera della Germania, ma anche quella dell’Unione europea.

     
Ottenere la promessa di un ritiro non è la fine di una guerra, tanto più se multiforme e ibrida. Putin ha già avanzato altre pedine. Il ritiro di alcune migliaia di soldati russi non fa la differenza, se l’infrastruttura militare resta alla frontiera con l’Ucraina pronta a lanciare un’invasione. Era già accaduto nella scorsa primavera, quando la Russia aveva condotto esercitazioni lasciando sul posto carri armati e lanciamissili. Questa volta ci sono anche centri di comando, ospedali e cucine da campo. “Vogliamo vedere una sostanziale riduzione delle truppe, ma non solo truppe, anche equipaggiamento”, ha detto Stoltenberg. I preparativi di un espediente per lanciare l’invasione sono già in corso. La Duma ieri ha approvato una risoluzione per chiedere al presidente russo di riconoscere le sedicenti repubbliche popolari del Donbass. In uno scambio con Scholz sulla guerra nell’ex Yugoslavia e l’intervento della Nato, Putin ha ribadito che ai suoi occhi “ciò che è in corso nel Donbass ora è genocidio”. Il presidente russo ha detto che le opportunità degli accordi di Minsk “non sono esaurite”.

  

Ma ha anche aggiunto che con l’indipendenza “la situazione lì cambierà drasticamente per il meglio”. Scholz ha risposto che il riconoscimento delle repubbliche nel Donbass sarebbe una “catastrofe politica”. Ha cercato di rassicurare Putin, insistendo affinché l’Ucraina rispetti gli accordi di Minsk, inclusa la “formula Steinmeier” che permette un’interpretazione molto favorevole a Mosca. Con una battuta, ha anche tentato di chiudere il contenzioso sull’allargamento della Nato. “Non è in agenda e spero che non dovremo affrontare la questione finché sarò cancelliere e il presidente Putin sarà presidente. Non so quanto a lungo il presidente resterà in carica. Ho l’impressione che lo sarà ancora a lungo, ma non per sempre”, ha detto Scholz.

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