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L'Ue presenta il Chips act, un piano da 45 miliardi per l'industria dei semiconduttori

David Carretta

La Commissione europea ha deciso di aprire i rubinetti degli aiuti di stato e di ricorrere alla minaccia protezionista per tentare di recuperare terreno nella corsa globale per i microprocessori. Obiettivo: aumentare la produzione dal 9 al 20 per cento nel 2030 

La Commissione europea ha deciso di aprire i rubinetti degli aiuti di stato e di ricorrere alla minaccia protezionista per tentare di recuperare terreno nella corsa globale per i semiconduttori e microprocessori. "I chip sono al centro della corsa tecnologica globale", ha detto la presidente Ursula von der Leyen, presentando il "Chips Act". La pandemia e l'uscita dalla crisi hanno "esposto la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento dei chip" rallentando la ripresa nell'Ue, in particolare la produzione nel settore dell'automobile. Con il Chips Act "il primo obiettivo nel breve periodo è aumentare la resilienza a future crisi anticipando e quindi evitando perturbazioni della catena di approvvigionamento. E la seconda parte è guardare al lungo periodo e fare dell'Europa un leader industriale in questo mercato molto strategico", ha spiegato von der Leyen.

 

La quota della produzione dell'Ue a livello globale dovrebbe passare dal 9 per centro oggi al 20 per cento nel 2030. Dato l'aumento della domanda significa quadruplicare la produzione. “È una iniziativa strategica”, ha detto la vicepresidente Margrethe Vestager: “Non c'è digitale né transizione verde senza chip”. Il mondo è confrontato a una “seria penuria” e “l'Europa è pesantemente dipendente da una manciata di fornitori globali”. La Commissione intende incoraggiare i colossi del settore a venire in Europa a produrre i processori più avanzati, quelli sotto i 5 nanometri. Il Chips Act dovrebbe permettere di mobilitare 45 miliardi di investimenti pubblici e privati utilizzando la leva del bilancio dell'Ue. Ma molto di più dovrebbe arrivare grazie agli aiuti che gli stati membri metteranno a disposizione dei colossi pronti ad aprire mega-fabbriche in Europa. 

 

Intel ha già annunciato un progetto da 80 miliardi di euro nell'Ue per aprire una serie di impianti di produzione di chip sotto i 5 nanometri, ma ha anche spiegato di aspettarsi che il 40 per cento degli investimenti sarà a carico dei contribuenti europei. Il gigante americano si è lanciato in uno “shopping” degli aiuti di stato, andando dai singoli governi per vedere chi offre le migliori condizioni. Vestager ha assicurato di voler “evitare una corsa ai sussidi in Europa e altrove”. Dopo un lungo braccio di ferro con il commissario al Mercato interno, Thierry Breton, sono stati fissati alcuni paletti per gli aiuti di stato. I produttori di chip che vogliono ricevere aiuti dovranno garantire che gli impianti servono per progetti che non esistono ancora nell'Ue. Inoltre, dovranno investire in tutto l'ecosistema dei semiconduttori e sottoscrivere impegni per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento europeo con priorità sulle forniture in caso di penurie. Le richieste di aiuti di stato saranno valutate caso per caso. Le divergenze interne alla Commissione erano visibili anche oggi. “”Stiamo adattando le nostre regole sugli aiuti di stato con strette condizioni”, ha detto von der Leyen. “”Non stiamo adattando le regole sugli aiuti di stato”, l'ha corretta Vestager. “Questo è qualcosa che facciamo per la prima volta”, ha spiegato a sua volta Breton.

 

Una frattura analoga è emersa sull'obiettivo dell'autonomia dell'Ue sui semiconduttori. Negli scorsi mesi Vestager aveva avvertito che l'autosufficienza europea sui chip è un'illusione.  Oggi la vicepresidente della Commissione ha ribadito che “è molto importante che non sia vista come una strategia per l'Europa per essere autosufficiente per produrre chip solo per noi stessi”. L'investimento per l'autarchia dei semiconduttori – secondo Vestager – sarebbe tra i 240 e i 320 miliardi. Breton ha una visione molto diversa. Il Chips Act “fa parte della Commissione geopolitica. L'Europa non può restare fuori dalla corsa tecnologica dei semiconduttori”, ha detto il commissario al Mercato interno: “L'Europa non può guardare i treni passare”. Per Breton, è necessario “anticipare le crisi” e “disporre di strumenti di reazione come l'autorizzazione delle esportazioni”. Il modello Breton è quello adottato sui vaccini: usare i controlli sulle esportazioni come leva per rispondere a eventuali blocchi. Secondo Vestager, invece, è meglio avere dei partner globali affidabili con cui essere interdipendenti e a cui affidarsi in caso di penurie. Almeno sulla cooperazione internazionale c'è una visione comune dentro la Commissione. Potenziali amici e rivali sistemici nel settore dei chip sono ben identificati. La comunicazione sul Chips Act cita esplicitamente i "partner che condividono gli stessi valori", con i quali l'Ue intende cooperare per garantire gli approvvigionamenti in caso di crisi: Stati Uniti, Giappone, Corea del sud, Singapore e Taiwan. Il grande assente, cioè il principale rivale, è la Cina.