Foto tramite LaPresse di Jean-Francois Badias 

Simpatie per Mosca

L'isolamento europeo di Germania, Francia e Italia sulla crisi Ucraina

David Carretta

I tre più grandi stati membri si sono trovati in minoranza tra i ventisette e sono sempre più sotto pressione per accettare un pacchetto di sanzioni sufficientemente credibile da costituire un deterrente efficace nei confronti di Vladimir Putin

Bruxelles. Nell’Unione europea Germania, Francia e Italia sono rimaste isolate sulla risposta alla Russia in caso di aggressione all’Ucraina. I tre più grandi stati membri si sono trovati in minoranza tra i ventisette e sono sempre più sotto pressione per accettare un pacchetto di sanzioni sufficientemente credibile da costituire un deterrente efficace nei confronti di Vladimir Putin. La pressione viene dagli Stati Uniti, perché i rapporti di forza dentro l’Ue sono a vantaggio del trio. Sono dirette soprattutto sul governo di Olaf Scholz: il “no” alla fornitura di armi all’Ucraina e l’ambiguità sul gasdotto Nord Stream 2 alimentano la rabbia dei paesi dell’est. L’idea del presidente francese, Emmanuel Macron, di un negoziato separato con Putin sull’ordine di sicurezza in Europa viene vista con sospetto. Il governo italiano finora ha tenuto un profilo basso, ma i continui appelli al dialogo “al più alto livello” con Mosca lasciano pensare che Roma si nasconda dietro a Berlino. Le pressioni americane sembrano in parte funzionare. “Un’aggressione militare che metta in discussione l’integrità territoriale dell’Ucraina avrà conseguenze e un prezzo molto elevato”, ha detto ieri Scholz. “Se dovesse esserci un’aggressione, la risposta ci sarà e il costo sarà molto elevato”, ha detto Macron. Senza Germania, Francia e Italia non si può nulla nell’Ue. Per questo il negoziato per trovare un accordo sul tipo di sanzioni da applicare alla Russia è così complicato

 

Per il momento non c’è ancora intesa sulle misure restrittive, né su quale tipo di aggressione russa le farebbe scattare. Ma i paesi dell’est e i nordici, che chiedono fermezza, costituiscono la maggioranza dentro l’Ue. I primi ritengono di avere una percezione più realista della strategia del Cremlino e considerano Putin  una minaccia diretta alla loro sicurezza. L’utilizzo dei migranti da parte del regime di Aljaksandr Lukashenka in Bielorussia contro la Polonia e i Baltici, così come il ricatto  del gas in un momento di tensione per i prezzi dell’energia in Europa, giustifica alcune delle loro preoccupazioni. Anche i paesi scandinavi si ritengono sulla linea del fronte. Inoltre, per Svezia e Finlandia, è irricevibile la richiesta  di Putin di chiudere loro le porte della Nato. Le istituzioni dell’Ue  sono giunte alla conclusione che le offerte di dialogo da sole non bastano a rabbonire il presidente russo. Germania, Francia e Italia hanno forti legami economici con la Russia – oggi Putin parteciperà a un videoincontro con i ceo di aziende italiane  per discutere “l’ampliamento dei rapporti”, proprio nel mezzo della crisi ucraina – nel negoziato sulle sanzioni “è normale che ci siano posizioni diverse tra chi importa il 60 per cento del gas dalla Russia e chi non importa nulla”. In tempi normali una forma di Ostpolitik è considerata accettabile. Ma la sfida attuale  all’ordine di sicurezza dell’Europa “è esistenziale”, spiega al Foglio un diplomatico di un paese dell’est: “Ogni volta che Scholz dice di preferire il dialogo o Macron lancia iniziative parallele alla Nato, si rafforza l’impressione di disunità europea e la deterrenza diventa meno deterrente”. In gioco c’è anche la sovranità europea. “Se non riusciamo a rispondere in modo credibile alla Russia, ci possiamo dimenticare l’autonomia strategica”, dice un funzionario dell’Ue. Macron ieri ha accusato la Russia di “una moltiplicazione di atti di destabilizzazione” e di essere diventata “una potenza di disequilibrio nel Caucaso, ai confini dell’Europa e in qualche altra regione”. Ma il presidente francese non vuole rinunciare al dialogo e venerdì ha annunciato una conversazione telefonica con Putin.

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