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Così le start up in Turchia si tengono al riparo da Erdogan

Mariano Giustino

Le turbolenze della lira non ne hanno ancora fermato la crescita. Complici gli investimenti stranieri

Ankara. L’e-commerce turco è tra i settori che resiste alle gravi turbolenze della valuta turca e pur avendo subìto una contrazione nell’ultimo trimestre del 2021 resta comunque un settore in espansione. Lo stesso si può dire al momento per le 3.955 startup, un ecosistema che negli ultimi anni è cresciuto molto in Turchia. Mentre il settore maggiormente colpito dalla crisi valutaria è quello riguardante i prodotti di importazione come la componentistica elettronica. Questo inizio del 2022 fa registrare per la Turchia una inflazione alle stelle. L’indice dei prezzi al consumo è salito del 36 per cento su base annua, ma nonostante questo  la Turchia si attesta tra i primi 10 paesi europei per quanto riguarda l’afflusso di venture capital,  facendo registrare accordi di investimento per un valore di oltre 600 milioni di dollari: un  record per l’ecosistema delle startup turche. 

Nella regione del medio oriente e del Nord Africa la Turchia occupa il secondo posto per la vitalità delle startup, dietro soltanto a Israele. Mentre la megalopoli Istanbul è la settima tra le città europee ad aver ricevuto il maggior numero di investimenti nel 2021 e compete con giganti come Londra, Parigi e Berlino. Uno dei fattori che stimola l’e-commerce in questo paese è rappresentato dai circa 40 milioni di turchi che sono online, su una popolazione di 82 milioni di abitanti, il 70 per cento  dei quali ha un’età inferiore a 30 anni.  E’ ovvio che, con questi dati, molte compagnie dell’e-commerce abbiano investito in Turchia come ha fatto eBay, presente con il nome di “Gittigidiyor”. Altro importante elemento che stimola il commercio online è l’impiego della carta di credito, il più diffuso mezzo di pagamento in Turchia, in misura superiore anche rispetto alla Germania.  I bassi costi di trasporto e le consegne efficienti, che avvengono al massimo entro tre giorni lavorativi, contribuiscono a stimolare ulteriormente gli acquisti.

In testa alle startup turche figura Getir, una piattaforma online per la consegna di prodotti alimentari in soli 10 minuti, valutata 7,5 miliardi di dollari. Forte interesse fanno registrare le startup di gioco come “Dream Games”, uno sviluppatore di giochi per dispositivi mobili, classificata seconda,  dopo Getir con un investimento di 50 milioni di dollari. Dopo le vendite di successo di Peak Games e Rollic Games nel 2020, il dinamismo nel settore dei giochi è in espansione con 15 imprese che hanno battuto un record ricevendo investimenti per un valore di circa 60 milioni di dollari.

Cresce anche il settore delle startup di investimenti aziendali con Alesta Yatırım il cui co-fondatore, Ibrahim Özer, ha dichiarato di aver investito in 50 diverse aziende. Gorillas è invece una startup turca con sede in Germania, diffusa anche in Italia, che ha lanciato un modello di business simile a Getir e che ha raccolto 290 milioni di dollari, portando il valore della sua azienda a oltre 1 miliardo di dollari. 


Imprese emergenti ed e-commerce  hanno ancora successo. La pandemia ha cambiato le richieste e il modo di consumare  dei cittadini turchi, ma gli esperti  temono che le brutture economiche del presidente  possano frenare anche l’espansione  di questi settori


 

Tra le startup di maggior successo figura “Koton” che su Internet è tra i maggiori marchi turchi di abbigliamento con i suoi oltre 500 negozi al dettaglio in 25 paesi. La sua piattaforma offre abbigliamento e accessori moda per uomo, donna e bambino. Vanta un team di 220 designer interni che lanciano fino a 50 collezioni all’anno. I sostegni statali sono importanti nell’emergere delle startup nella fase iniziale. Nel primo trimestre 2021 il Consiglio per la ricerca scientifica e tecnologica della Turchia (TÜBITAK) aveva fornito circa 6,6 milioni di dollari a sostegno di 357 startup di ricerca e sviluppo (R&S) e dell’high-tech. Con HepsiBurada (“E’ tutto qui”), Istanbul è diventata la Silicon Valley dell’e-commerce ed è la prima azienda turca ad essere quotata al Nasdaq, valutata 4,4 miliardi di dollari. Il nome della società è apparso sul display della facciata della torre cilindrica di sette piani del Nasdaq Market Site a Times Square a New York il 1° luglio 2021. Le sue azioni sono aumentate di quasi il 12 per cento  nel loro debutto sul mercato azionario statunitense e ha raccolto, nel suo primo giorno al Nasdaq, più di 680 milioni di dollari.

Fondata nel 2000 da Hanzade Doğan, una delle imprenditrici tecnologiche di maggior successo al mondo, Hepsiburada gestisce piattaforme online su cui i consumatori possono ordinare ogni genere di articolo e la   società è così stata presto  definita l’Amazon d’oriente. Ha lanciato il suo mercato nel 2015 e dispone di una rete logistica interna capace di effettuare il 64 per cento  delle consegne il giorno successivo all’ordine. 
I rivenditori online turchi sono stati in grado di prosperare in parte perché i leader globali come Amazon ed eBay hanno difficoltà a penetrare nel mercato turco soprattutto a causa delle restrizioni per le aziende straniere a operare sui social media Twitter e Facebook. Ma è stata la pandemia  a determinare un punto di svolta radicale nell’e-commerce turco. In questi ultimi tre anni la penetrazione del commercio online in Turchia è aumentata dal 3,5 per cento a circa il 10, favorita in gran parte dell’effetto dei lockdown  che hanno sovraccaricato la vendita al dettaglio online in tutto il mondo.  Le aziende locali dunque erano fiorite e si erano espanse fino ad attirare gli investitori internazionali, ma ora la grave crisi valutaria in cui è sprofondato il paese rischia di rappresentare  una futura minaccia anche per l’e-commerce turco e le il sistema di startup in crescita.

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