Guerre interne

Una poltrona per tre a Londra

Paola Peduzzi

 Boris Johnson cade o non cade? Il format della crisi classica inglese e la variante natalizia

Gli studi rassicuranti sulla variante Omicron, che è molto contagiosa ma meno grave della Delta, hanno avuto un effetto immediato sul governo inglese, che pure deve gestire più di centomila nuovi casi di Covid: delle eventuali restrizioni se ne parla dopo Natale. Gli oppositori interni del premier Boris Johnson, quei conservatori che lo tengono sotto assedio da una decina di giorni, s’aggiravano negli studi tv con aria compiaciuta.

Il premier ha la colpa, dicono loro, di aver introdotto misure di controllo anti contagio senza consultazioni, green pass compreso, e così l’ala cosiddetta libertaria dei Tory ha deciso di fargli la guerra (sulle decisioni legate alla pandemia, Johnson governa grazie al sostegno del Labour). Il copione è quello tipico della politica inglese: una fronda interna, un malessere elettorale, qualche scandalo, e dei sostituti pronti a prendere il posto del premier. In questo caso ci sono variabili in più: un sacco di foto che testimoniano lo scandalo, e che escono con una lentezza punitiva; un ex alleato molto ordinato, metodico, vendicativo e con un archivio infinito di screenshot e documenti, roba cui non è umano sopravvivere; la pandemia che tutto confonde perché questo è il paese in cui ci si vaccina tantissimo eppure ci si contagia tantissimo. E’ per questo che a domanda diretta: ma sta per cadere il premier inglese?, nessuno osa sbilanciarsi. C’è chi ci spera e dice: sarebbe ora. C’è chi ride: ma vi pare che per un bicchiere di vino in giardino viene già un governo? E c’è chi tace, perché tutto accade in un attimo negli equilibri della politica inglese,  e quel che sembra sicuro il momento dopo non lo è più.

Andando con ordine. Lo scandalo riguarda la festa di Natale dell’anno scorso, un assembramento nel giardino di Downing Street quando il resto del paese poteva incontrarsi a due a due, ed evitare di parlarsi. Allegra Stratton, capo della comunicazione del premier e alleata della first lady Carrie (insieme formano la banda dello stiletto), ha dovuto dimettersi per aver fatto battutacce sul Natale loro e quello ben meno permissivo degli altri, ma ci sono due cose che non tornano nelle sue dimissioni immediate: alla festa lei era una delle poche a non esserci, e  come mai Carrie ha lasciato che la sua protetta venisse sacrificata così? Qui si arriva all’angelo vendicatore, Dom Cummings, ex superconsigliere amato da Johnson ma detestato da Carrie, che annuncia con sapiente frequenza materiale compromettente contro Johnson: è persino andato davanti a una commissione dei Comuni a raccontare le nefandezze cui ha assistito quando stava al governo. E naturalmente ha le immagini del party di Natale e i messaggi e le battute, tutto quel materiale che da tempo rende Cummings un uomo pericolosissimo. Ma finora altrettanto inefficace: l’ex amico che si vendica non è un format evidentemente gradito. Lo è invece di più la sfida della leadership, pratica cui i conservatori nell’ultimo decennio si sono dedicati con molta passione.

Quindi oggi ci sono almeno tre persone che potrebbero prendere il posto di Boris Johnson, o almeno ogni tribù di questo partito in perenne lotta fratricida ha il suo. C’è il cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, elegante e compassato ma anche in questa fase molto contrario alle misure di restrizioni anti pandemiche perché, essendo lui il cancelliere dello Scacchiere, teme che un’altra chiusura possa avere un impatto quasi mortale sull’economia. Poiché non è un estremista, Sunak è considerato un buon mediatore oggi quantomai necessario (ci sono momenti in cui si può stare senza un mediatore?). L’astro in ascesa è però Liz Truss, ministro degli Esteri con delega da negoziatrice sulla Brexit che ha appena portato a casa un accordo sulla pesca con i francesi, cosa che il suo predecessore David Frost non era riuscito a fare. I media sono innamorati della Truss, anti Brexit convertita per non restare esclusa dai giochi dei Tory con un piglio deciso e invero poco diplomatico che richiama, con tutta la banalità che si possa immaginare, la Lady di ferro. Poi c’è Michael Gove, riserva del Partito da tempo immemorabile, amico e nemico di Johnson a seconda del momento e così con tutti i premier prima di lui. Dicono che la sua forza sia questa: l’indecifrabilità.

Poiché i sostituti sono tanti e agguerriti, e di solito le congiure non funzionano quando non ci sono alternative, molti dicono a Johnson: proteggiti, richiama gli ex, Theresa May, George Osborne, tutti quelli che erano usciti dalla porta di servizio: un rimpasto ombra, congiura nella congiura, il miglior spettacolo natalizio di Londra.
 

Di più su questi argomenti:
  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi