Foto: LaPresse

Putin l'invasione ti fa male

Daniele Raineri

Se la Russia riuscisse a occupare l’Ucraina, anche solo per metà, si sobbarcherebbe un territorio immenso, senza ricchezze e con una popolazione pericolosa. I danni sarebbero molti più dei vantaggi 

Se la Russia invadesse l’Ucraina sarebbe un disastro per la Russia. Premessa: sarebbe un disastro anche per gli ucraini invasi, per l’Europa che non saprebbe che fare e dovrebbe assorbire l’onda d’urto della guerra (a cominciare dalla popolazione in fuga) e per l’Amministrazione Biden che si rivelerebbe incapace di esercitare un minimo di deterrenza negli affari del mondo. Ma gli esperti non riescono a vedere come la Russia potrebbe cavarsela in questo ipotetico intervento militare su scala gigante “come non se ne vedono dalla Seconda guerra mondiale” (per usare le parole del capo dell’esercito inglese, sir Tony Radakin) senza subire danni così grandi da vanificare qualsiasi eventuale vantaggio. Diamo per scontato che i russi prevarrebbero nel conflitto, anche se non sappiamo con quanta rapidità.

A giudicare da come hanno posizionato i 175 mila soldati a ridosso del confine, il piano della Russia è invadere da più punti, avanzare da più direttrici per tagliare in tronconi l’esercito ucraino, aggirare le città popolose come Kharkiv per non rallentare troppo e poi occuparsi dei singoli tronconi isolati. Nel frattempo l’aviazione russa occuperebbe i cieli grazie alla sua supremazia e infine un governo amico sarebbe installato nella capitale Kiev. Non sappiamo quanto durerebbe questa fase, ma sappiamo che tutta la cautela nel rifornire di armi gli ucraini che oggi frena gli Stati Uniti finirebbe di colpo. L’esempio più attuale di questi rifornimenti sono i missili anticarro Javelin – che sono già arrivati in piccole quantità agli ucraini. E poi, una volta che arrivasse la vittoria dopo un conflitto più o meno prolungato? Abbiamo imparato in molti conflitti recenti che non è l’inizio il problema, ma la continuazione.

 

Ci sono due possibilità. La prima è che Vladimir Putin abbia pensato all’invasione dell’Ucraina per intero. La seconda che abbia deciso di creare due Ucraine, quella dell’est sotto l’occupazione militare russa e la metà ovest lasciata a essere l’altra Ucraina, quella filo occidente, divise magari dal confine naturale del fiume Dniepr. In entrambi i casi la Russia dovrà sobbarcarsi il costo umano e materiale di controllare territori immensi nel secondo paese più grande d’Europa, milleduecento chilometri di lunghezza da un capo all’altro. Ivan Timofeev, un analista russo del Consiglio russo per gli affari internazionali, scrive questo stesso avvertimento con una formula caritatevole in un’analisi pubblicata di recente: “La conquista di territorio non risolverebbe alcuno dei problemi dell’economia russa di oggi”.

 

Tradotto: l’Ucraina non contiene tesori, non nasconde greggio o diamanti, è uno spazio smisurato con più di quaranta milioni di persone e i soldati russi in caso di occupazione dovranno accollarsene la gestione. Scrive ancora Timofeev: “La lealtà della popolazione dell’Ucraina non è ovvia. A dispetto di tutti i disaccordi interni, negli ultimi trent’anni l’Ucraina ha sviluppato la sua identità civica. La loro lealtà nei confronti della Russia non è garantita e la guerra potrebbe distruggere ogni residua simpatia per Mosca”. David Ignatius, columnist del Washington Post con molte entrature nell’intelligence americana, scrive lo stesso concetto così: “Oltre alla battaglia con le truppe in uniforme e gli agenti dell’intelligence, Putin probabilmente dovrebbe fronteggiare una guerriglia prolungata da parte delle milizie ucraine. Fonti solide stimano che almeno 400 mila ucraini filogovernativi abbiano ricevuto addestramento militare dopo la perdita della Crimea nel 2014 e che ci siano almeno un milione di armi in mano a privati, inclusi Ak-47 e altre armi automatiche saccheggiate dai depositi militari”.

 

Lo scenario è interessante da considerare. Un paese enorme, con poche risorse e abitato da una popolazione riottosa. L’intervento militare di successo in Siria iniziato da Putin nel settembre 2015 si basava su una regola semplice: che le forze di terra le avrebbero dovute mettere gli altri, in modo da evitare perdite per i russi. Ed era di dimensioni molto più ridotte. L’intervento militare russo nel marzo 2014 per annettere la Crimea fu molto veloce e di nuovo molto ridotto. Questa volta non sarebbe così. Senza contare le perdite nella battaglia economica, dove le dimensioni reali della Russia, una ex superpotenza che oggi ha il pil della Spagna, sono più chiare.

Scrive ancora Ignatius: “L’economia della Russia sarebbe devastata. Mai forte sotto Putin, diverrebbe flebile perché l’Europa e gli Stati Uniti assieme imporrebbero sanzioni che potrebbero tagliare la Russia fuori dal sistema Swift (che permette le transazioni bancarie internazionali) – e la trasformerebbero in uno stato paria”. E tutto questo in cambio di cosa, per i russi? Di nuovo la parola a Timofeev: “Non c’è richiesta nella società russa di una guerra con il vicino… nel caso di un conflitto prolungato, le perdite di vite umane diventerebbero una costante. Combinate con una possibile crisi economica, non sarebbero le condizioni migliori per generare il sostegno popolare. In altre parole: i costi di una possibile guerra superano di gran lunga i benefici”.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)