In Francia l'hijab di Benetton fa arrabbiare sia i macronisti sia gli esponenti della destra

Mauro Zanon

Diversi utenti denunciano l'azienda che sdoganerebbe con la sua iniziativa commerciale uno "strumento di sottomissione" che umilia le donne. Secondo il quasi-candidato Éric Zemmour è “Il ‘wokismo’ a servizio dell’islamizzazione dell’occidente”

Hijab unisex in tessuto elasticizzato. Piccola stampa a contrasto sul lato sinistro che unisce il logo Benetton alla G di Ghali. Questo accessorio appartiene alla capsule collection ‘United Colors of Ghali’, ideata da Ghali”. Così viene presentato sul sito ufficiale di Benetton l’hijab disegnato dal rapper milanese Ghali nell’ambito di una collaborazione con il marchio trevisano iniziata a settembre. Nella collazione ideata dal rapper di origini tunisine, sono presenti felpe, pantaloni, zaini, cappelli, ma anche capi per bambini. “Abbiamo cercato di creare qualcosa di stiloso e comfy, che tutti possano indossare”, ha detto Ghali, soffermandosi in particolar modo sull’hijab, ossia il velo indossato dalle donne di confessione islamica che lascia scoperto soltanto l’ovale del viso.

 

L’hijab è un pezzo unico che ho voluto molto. Non c’è stata resistenza da parte dell’azienda per inserirlo nella collezione. Quando ero piccolo venivo preso in giro a scuola, non c’era nessuno che mi rappresentasse, mentre ora è la normalità”, ha affermato il rapper, prima di aggiungere: “E' importante dire che la diversità è un valore aggiunto, è quello che mi rende unico”. Ma a distanza di un mese e mezzo dal lancio della collezione, non tutti sono entusiasti dell’hijab firmato da Ghali. Soprattutto in Francia, dove il capo d’abbigliamento made in Benetton fa arrabbiare sia i macronisti sia gli esponenti della destra. “L’hijab inclusivo o la follia identitaria… E' talmente delirante che in un primo momento si può pensare che si tratti di una fake news. E invece è proprio in vendita. Il vantaggio? Si può non acquistarlo. E non andare più da Benetton”, ha commentato in un tuìt molto duro la capogruppo dei deputati Lrem (La République en marche) Aurore Bergé, invitando apertamente a boicottare il marchio italiano.

 

Sotto l’intervento a gamba tesa della deputata di Macron, diversi utenti denunciano Benetton che sdoganerebbe con la sua iniziativa commerciale uno “strumento di sottomissione” che umilia le donne, e ricordano che già nel 2016 un’altra griffe italiana, Dolce & Gabbana, aveva lanciato una linea di indumenti, hijab compresi, destinati alle donne musulmane. Il quasi-candidato Éric Zemmour, rappresentante della destra identitaria e principale concorrente di Macron per le presidenziali del prossimo anno assieme a Marine Le Pen, ha postato l’articolo del settimanale Valeurs Actuelles che dava la notizia dell’“hijab unisex” concepito da Ghali, commentando: “Il ‘wokismo’ a servizio dell’islamizzazione dell’occidente”. La polemica sul velo islamico venduto da Benetton rilancia il dibattito su un’industria della moda che, per logiche di mercato, diffonde messaggi contrari ai valori di cui l’occidente è portatore. E irrompe nei giorni della scivolosa campagna “La libertà nell’hijab”, concepita dal Consiglio d’Europa e cofinanziata dalla Commissione europea.

 

Come rivelato dalla segretaria di stato francese per le Politiche giovanili Sarah el Haïry, è stata proprio la Francia, attraverso le sue proteste veementi, a costringere il Consiglio d’Europa a ritirare i suoi tuìt promozionali e a fare mea culpa per la campagna pro-hijab. “Questo video mi ha profondamente scioccato (…). È assolutamente all’opposto dei nostri valori, dei valori che la Francia difende. Nel video, si promuove l’utilizzo dell’hijab e del velo come elemento identitario”. Difficile che Benetton ritiri l’hijab unisex ideato assieme a Ghali. Ma intanto, dalla macronia (e da Zemmour) è partito l’invito al boicottaggio della celebre azienda di moda trevisana.