Alexei Navalny (foto EPA)

editoriali

Sakharov più coraggioso del Nobel

Redazione

L’Europarlamento premia Navalny e dà a Putin lo schiaffo evitato a Oslo

Premiato per il suo “immenso coraggio”: il Parlamento europeo rimedia al discusso Nobel per la Pace  calibrato per non far arrabbiare troppo il Cremlino, e pronuncia il nome che Oslo non ha avuto il coraggio di dire ad alta voce. Alexei Navalny, detenuto della colonia penale numero 2 della regione di Vladimir,  è stato proclamato il vincitore del premio intitolato ad Andrei Sakharov, il suo illustre predecessore nella carica di dissidente numero uno della Russia. L’Europa, tante volte criticata perché troppo lenta, prudente e insufficiente, ha scelto stavolta di non fingersi presbite e ha allungato a Vladimir Putin uno schiaffo tanto clamoroso quanto i Nobel a Sakharov e a Lech Walesa nell’èra della prima Guerra fredda.

 

L’uomo che Putin non chiama mai per nome, e che ha appena definito “un semplice criminale”, viene riconosciuto come il capo dell’opposizione russa, e il presidente del Parlamento europeo David Sassoli nel dare la notizia del premio ha ribadito ieri che l’Europa ne chiede l’immediato rilascio: “Ha condotto una strenua campagna contro la corruzione del regime di Putin e ha contribuito a denunciare gli abusi interni al sistema riuscendo a mobilitare milioni di persone che hanno sostenuto la sua protesta. Per questo, è stato avvelenato e imprigionato”. Un premio che non può non diventare infatti anche un salvacondotto, almeno un tentativo di tutelare un prigioniero politico sul cui capo pendono sempre nuove incriminazioni, e che è stato appena dichiarato un “estremista terrorista” da guardare a vista in carcere. Resta da capire se e come il Cremlino gli farà pagare il premio Sakharov, che però resta un messaggio impossibile da ignorare: Navalny e gli altri prigionieri politici russi sono sotto la tutela dell’Europa. Ma lo stesso Navalny ha scritto pochi giorni fa ai suoi sostenitori incitandoli a non avere esitazioni ad agire per paura di metterlo a rischio, pur sapendo che il regime vorrebbe non farlo uscire mai più dal carcere: “Sto dentro anche per voi, non sono il primo né l’ultimo”.

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