Ronald Wittek, Pool Photo via AP 

Il cantiere riaperto

Gentiloni è realista sul Patto di stabilità e cerca il consenso di tutti 

David Carretta

La fiducia da restaurare. Undici quesiti ai governi europei da parte del commissario. Due ipotesi su cui lavorare, una sola è solida 

La Commissione europea ieri ha riaperto il cantiere del Patto di stabilità e crescita, ma chi si aspettava una rivoluzione immediata sui parametri di deficit e debito rimarrà deluso. La modifica dei regolamenti che sono alla base del Patto “per me è un ‘must’, ma è un ‘must’ che deve avere consenso”, ha spiegato il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, rilanciando la consultazione sulla revisione della governance economica. La comunicazione presentata con il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, si limita a proporre undici domande a governi, istituzioni ed esperti (due in più rispetto a quelle sottoposte a febbraio del 2020, prima di interrompere la prima consultazione a causa del Covid-19). Nel documento di 18 pagine vengono individuati problemi vecchi e nuovi: le regole sono troppo complicate; il debito (esploso con la pandemia) va ridotto, ma a un ritmo che permetta di non danneggiare la crescita; per le transizioni climatica e digitale servono 650 miliardi di euro di investimenti l’anno, di cui 520 soltanto per il Green deal. Ma “non abbiamo soluzioni ora”, ha ammesso Gentiloni: “Non abbiamo proposte da mettere sul tavolo”.

Il principale obiettivo della consultazione è di favorire un consenso (in pratica l’unanimità) tra i ministri delle Finanze della zona euro. Le proposte della Commissione arriveranno poi, probabilmente nella primavera del 2022. Un’ipotesi (molto complicata ma solida) è di modificare i regolamenti del Six pack e Two pack, che costituiscono l’ossatura del Patto dopo la riforma adottata durante la crisi del debito sovrano del 2010-12. Un’altra (più semplice ma fragile) è di limitarsi a un’interpretazione delle regole come quella della Commissione Juncker nel 2015 per introdurre flessibilità. In teoria il tempo stringe: nel 2023 sarà disattivata la clausola di salvaguardia generale che ha portato alla sospensione del Patto per il Covid-19. Come soluzione ponte, a inizio 2022 la Commissione presenterà linee guida sulla politica fiscale che gli stati membri saranno chiamati a seguire l’anno successivo.

La ragione della prudenza della Commissione va ben oltre le divergenze tra Dombrovskis (considerato un “falco”) e Gentiloni (considerato una “colomba”) o le incertezze sulla linea della nuova coalizione al governo in Germania. Il problema è “la fiducia tra stati membri e tra gli stati membri e le istituzioni”, spiega al Foglio una fonte della Commissione. Alcuni ministri delle Finanze non si fidano dei colleghi di altri paesi, che troppo spesso in passato non hanno rispettato le regole. Molti di quegli stessi ministri non si fidano nemmeno della Commissione, che in passato si è mostrata poco rigorosa nel farle rispettare. Così Gentiloni è costretto a un’ambiguità sottile. “Non dobbiamo vedere il fantasma del ritorno all’austerità”, ma “i livelli eccessivi di debito devono essere affrontati”. La quadratura del cerchio dipenderà dalla volontà di alcuni governi di ascoltare il suo appello al realismo sul debito: il Patto non verrà rispettato e non potrà essere fatto rispettare “se la distanza tra la realtà e le regole è molto elevata”, ha avvertito Gentiloni.