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La crisi dei sottomarini

L'Ue non segue Macron sulla strada della rottura con Biden

David Carretta

Il caso Aukus agita le acque della politica continentale e divide l'Europa, che prende tempo. In gioco ci sono gli accordi commerciali con l'Australia, il rapporto strategico con gli Stati Uniti, la competizione con la Cina e la stabilità nell'Indo-Pacifico

La Francia di Emmanuel Macron si è ritrovata isolata nell’Unione europea nella sua esplosione di collera contro l’Aukus, l’alleanza tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito che ha mandato all’aria il “contratto del secolo” per la fornitura di sottomarini francesi a Canberra. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si è lanciata in un delicato esercizio di equilibrismo, dopo che il ministro francese per gli Affari europei, Clément Beaune, ha minacciato di far saltare le trattative su un accordo di libero scambio tra l’Ue e l’Australia. “E’ impensabile andare avanti nei negoziati commerciali come se non fosse accaduto nulla con un paese in cui non abbiamo più fiducia”, ha detto Beaune a Politico Europe: “Mantenere la parola è la condizione di fiducia tra democrazie e alleati”.

 

Il portavoce di von der Leyen ha risposto che è “la Commissione che pilota questi negoziati”. L’ultimo round di discussioni con l’Australia si è svolto a giugno. Il prossimo è previsto a ottobre. “Stiamo analizzando l’impatto dell’annuncio di Aukus e quali conseguenze potrebbero esserci su questo calendario”, ha detto il portavoce della Commissione. Ma von der Leyen cosa ne pensa? “Quando uno stato membro esprime in modo forte delle preoccupazioni, la presidente è all’ascolto”, ha spiegato il portavoce. “Uno dei nostri stati membri è stato trattato in un modo che non è accettabile”, ha poi detto von der Leyen alla Cnn: “Vogliamo sapere cosa è accaduto e perché. Si deve chiarire questo prima di continuare con il business as usual”. Ma nel frattempo la Commissione ha ottenuto dall’Amministrazione Biden un accordo su uno dei temi di frizione transatlantica degli ultimi mesi: la fine del divieto di viaggio per gli europei con la riapertura a novembre delle frontiere tra Unione europea e Stati Uniti per le persone completamente vaccinate.

Nel fine settimana, la Francia ha richiamato i suoi ambasciatori a Washington e Canberra, mentre il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, ha continuato ad attaccare. Macron dovrebbe parlare a Biden “nei prossimi giorni”. Uno dei sospetti a Bruxelles è che Macron voglia sfruttare lo scontro con gli Stati Uniti in chiave di campagna elettorale. Ma dentro l’Ue quasi nessuno è disposto a seguire il presidente francese sulla strada della rottura con Washington o di un avvicinamento alla Cina. La relazione transatlantica è considerata troppo importante. Anche l’Ue vuole essere più presente nell’Indo-Pacifico per contenere l’espansionismo cinese. I piccoli stati membri hanno visto gli attacchi da Pechino contro la Lituania per essersi ritirata dal “17+1” (il forum tra la Cina e i paesi dell’Europa centrale e orientale) e aver permesso l’apertura di una rappresentanza di Taiwan. “Sicuramente non ci saranno navi militari dell’Ue nella regione, ma c’è margine di manovra politico ed economico”, dice al Foglio un diplomatico. Il lancio da parte della Commissione della “Global Gateway” mira a fare concorrenza alle nuove vie della Seta con “una Belt and road con caratteristiche europee”, spiega il diplomatico. Anche a Berlino c’è chi ritiene pretenziosa l’aspirazione di Parigi di giocare alla pari di Washington nel Pacifico. “Per gli Stati Uniti, Aukus è di importanza strategica per fare in modo che nell’Indo-Pacifico la Cina non abbia una superiorità militare. L’Ue e i singoli stati membri non svolgono alcun ruolo in questo settore. Dobbiamo guardare a questi interessi in modo realistico”, ha detto Norbert Röttgen, presidente della commissione Esteri al Bundestag ed esponente della Cdu. “L’Ue non è un dominio francese”, ha spiegato l’eurodeputato tedesco dei Verdi, Reinhard Buetikofer: “Non possiamo fare come se nulla fosse accaduto, ma come l’Ue reagirà non viene deciso in modo unilaterale da Parigi”.

 

L’equilibrismo di von der Leyen è dettato dalla necessità di limitare i danni potenziali che la Francia potrebbe fare trasformando la sua rabbia in un problema europeo. Oltre all’accordo di libero scambio con l’Australia, Parigi potrebbe mettere in discussione la riunione inaugurale del Trade and Technology Council (Consiglio Commercio e Tecnologia) il 29 settembre a Pittsburgh in Pennsylvania. Questo nuovo organismo dovrebbe favorire la cooperazione transatlantica per fissare standard comuni e globali su regole commerciali, controllo degli investimenti, catena di approvvigionamento, piattaforme, dati, intelligenza artificiale e cybersicurezza. La speranza dei partner europei è che il tempo possa riportare la Francia alla ragione. Ma a Bruxelles aumenta la consapevolezza che l’Europa è lontana dai pensieri di Biden. Dopo il ritiro dall’Afghanistan deciso senza consultare i partner europei, Aukus conferma che Biden segue l’approccio “America first” del predecessore Donald Trump. “La priorità degli Stati Uniti è la Cina. Ma è per questo che fare progressi sulla difesa europea e l’autonomia strategica diventa un obbligo”, dice un ambasciatore. La chiave è in mano alla Germania, che ha frenato sulla difesa e mostrato compiacenza verso Pechino: dalla coalizione che uscirà dalle urne domenica dipenderanno i destini dell’autonomia strategica e della politica dell’Ue sulla Cina.