Sean Kilpatrick/The Canadian Press via AP

Cosa rischia davvero Trudeau dopo l'azzardo del voto anticipato

Luciana Grosso

Spinto dai sondaggi, solo un mese fa il leader canadese marciava trionfante verso il suo terzo mandato: oggi si ritrova a fare i conti, nella migliore delle ipotesi, con un pareggio. Analisi di un autogol politico

Sembra scritta da Esopo la storia delle prossime elezioni in Canada, che si terranno il prossimo lunedì. Comincia con un leader molto popolare, Justin Trudeau, da due anni costretto a un governo di minoranza che, lusingato dai sondaggi favorevoli, decide di chiedere alla rappresentante della Corona di indire elezioni anticipate. Anche se lo fa con un pretesto non troppo credibile (dare al Canada una leadership forte nei mesi post pandemia  il suo desiderio viene esaudito e, detto fatto, le elezioni vengono messe in calendario per il 20 settembre, giorno per il quale Trudeau già pregusta una vittoria netta, chiara, sincera.

 

Ma poi, con il passare dei giorni, come nelle favole con la morale in fondo, la tracotanza tronfia di Trudeau ha preso a essere punita e sgonfiata, tradita da quegli stessi sondaggi che lo avevano illuso e ingannato. Così oggi, dei cinque punti che separavano il suo Partito liberale da quello dei conservatori, non è rimasto più niente. Solo le briciole di uno 0,3 per cento volatile e incerto che, in alcuni sondaggi neppure c’è, scalzato da un vantaggio di addirittura tre punti dei conservatori.

Dinanzi a quei numeri Trudeau, che solo un mese fa marciava trionfante verso il suo terzo mandato, si ritrova a fare i conti non con la vittoria che sperava ma, nella migliore delle ipotesi, con un pareggio. Non solo. La campagna elettorale del premier canadese è stata costellata di contestazioni, urla, lanci di ghiaia. E di conseguenza di eventi annullati e scatti di nervi di quelli che sui social fanno fare brutta figura. Anche i dibattiti televisivi non sono andati bene e Trudeau si è dovuto accontentare di fare da sparring partner ai suoi avversari, galvanizzati dall’insperato cambio di vento. Un quadro impensabile fino a poche settimane fa e nel quale sia il premier canadese sia la stampa si chiedono: “Cosa è andato storto?”.

 

C’è chi, come il giornale MaClean’s, dà quasi tutta la colpa a una comunicazione sbagliata, palesemente mendace (un tweet della sua vice e ministro delle Finanze Chrystia Freeland è stato marchiato da Twitter come “fake news”), e a volte persino violenta e scomposta: “Guardare Trudeau là fuori – scrive MaClean’s – è come guardare ‘Evil Kirk’ da quel bizzarro episodio di “Star Trek” in cui ogni personaggio principale aveva un doppelgänger malvagio. Sembra di guardare Bambi che si è preso la rabbia”. Ma gli errori di comunicazione, anche se spiegano molto, non spiegano tutto. Non rispondono alla domanda “Perché ai canadesi Trudeau non piace più?”. La risposta non può essere nel Covid, perché il Canada è riuscito, anche se con fatica e sacrifici, a limitare contagi e morti (27 mila morti, su 40 milioni di abitanti); non può essere nella faccenda dell’obbligo vaccinale (che Trudeau vuole), perché il Canada ha una delle campagne vaccinali di maggior successo al mondo (il primo, tra i paesi G7); non può essere neppure nella crisi economica, perché, anche se con fatica, il Canada si sta riprendendo e il lavoro sta tornando (più 300 mila posti di lavoro, solo tra luglio e agosto).

E allora dov’è? Forse sta semplicemente nel gioco delle elezioni, in cui la regola principale è che i voti sono di chi se li prende. E l’elettorato centrista di Trudeau è stato corteggiato, con forza ed efficacia, sia da destra sia da sinistra. Il leader conservatore Erin O’Toole, per esempio, da che era partito semisconosciuto e incolore è riuscito, a sorpresa, a dipingersi come affidabile e concreto e soprattutto, a spostare al centro il suo partito, portandosi con se parte del consenso di Trudeau. La stessa cosa, in modo eguale e contrario, ha fatto il partito dei Nuovi Progressisti, guidato da un leader di raro carisma e fascino: Jagmeet Singh, indiano sikh con una storia da film alle spalle (il padre era un alcolizzato violento dal quale lui e il fratello dovettero scappare) e tiktoker di  successo che pubblica video nei quali parla di politica andando in skateboard. Un recente sondaggio di Cbc, la televisione pubblica canadese, lo mette in testa alla classifica dei leader considerati più affidabili.

Così, ora, Justin Trudeau, che per come funziona il sistema elettorale canadese potrebbe comunque rimanere premier anche perdendo le elezioni, si ritrova a fare i conti non solo con i numeri impietosi dei sondaggi, ma anche con un brand politico, il suo, che sembra aver esaurito la sua spinta. E soprattutto con il suo personalissimo azzardo.
 

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