Talebani a Kabul (LaPresse)

Questione di purezza

La battaglia dottrinale tra talebani e Stato islamico

Daniele Raineri

Se dopo aver preso Kabul, gli integralisti non seguiranno l'interpretazione più dura della sharia, tenendosi buona la comunità internazionale, l'ISK continuerà a reclutare altri combattenti in Afghanistan 

Il numero di combattenti dello Stato islamico in Afghanistan (ISK) non è sufficiente a impensierire i talebani, per ora. Sono troppo pochi, la sproporzione fra le due forze è di uno a cento a vantaggio dei talebani. La preoccupazione è dottrinale. Lo Stato islamico sostiene che i talebani hanno deviato dalla religione e si sono venduti a governi stranieri. Li accusano di non essere autentici musulmani e di non applicare la sharia come andrebbe applicata per il timore di essere respinti dagli infedeli. Nei pamphlet religiosi lo Stato islamico chiama con disprezzo i talebani “milizia pachistana” per calcare sulle storie (assai fondate) che vorrebbero i talebani al servizio dell’intelligence del Pakistan.

E i talebani in queste prime settimane di dominio assoluto in Afghanistan non fanno nulla per smentire le denunce dello Stato islamico: sanno di essere sotto osservazione da parte della comunità internazionale, non vogliono sanzioni e per ora si astengono dalle punizioni in piazza, dalle esecuzioni negli stadi, dalle flagellazioni e dalle lapidazioni. È chiaro che stanno negoziando con molti governi stranieri. C’è la Turchia che gestirà l’aeroporto di Kabul. C’è il Qatar che ospita delegazioni di talebani come se fosse una  sede diplomatica distaccata.

 

Ci sono gli Stati Uniti: una settimana fa il mullah Baradar, che può essere considerato il secondo in comando, ha incontrato il capo della Cia William Burns. Dal punto di vista delle questione pratiche bene, dal punti di vista della dottrina jihadista molto male. Lo Stato islamico ha sempre usato l’argomento della non applicazione della sharia contro le altre fazioni, considerate meno pure e più deboli, dallo Yemen alla Siria. Il modello corretto, l’unico consentito, è la Raqqa delle decapitazioni pubbliche tra il 2013 e il 2017: altrimenti si è impostori.

E poi c’è la questione degli attacchi contro il Pakistan, che per l’ISK sono leciti e per i talebani no. Il problema è che una parte dei talebani sente il richiamo di questa purezza dottrinale e quindi nel tempo potrebbe andare ad arruolarsi con lo Stato islamico in Afghanistan, che è già adesso formato da disertori talebani insoddisfatti dei compromessi. I talebani sono davanti a un dilemma: se tengono buona la comunità internazionale perdono il confronto dottrinale con lo Stato islamico, se scelgono la strada della durezza vanno incontro a sanzioni internazionali.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)