Vladimir Putin (LaPresse)

minoranza franco-tedesca

Nessuna mano a Putin

David Carretta

L’est non cede a Merkel e Macron sul summit con la Russia. Il lodo Draghi sulla potenza dell’Ue

Non capita a tutti i Vertici europei che Angela Merkel e Emmanuel Macron vengano messi in minoranza e siano costretti a cedere. È accaduto nella notte tra giovedì e venerdì durante la discussione sulla Russia. La rivolta dei leader dei paesi del nord e dell’est contro il tentativo di Germania e Francia di imporre un summit tra l’Ue e Vladimir Putin rappresenta un momento di svolta. I piccoli hanno detto “no” ai grandi, ribaltando il mito di un’Ue dominata dall’asse franco-tedesco. Una volta che Merkel avrà lasciato la cancelleria, sarà più difficile per la Germania imporre la sua linea agli altri. Ma non per questo i 27 sono divisi sulla politica da perseguire con Mosca. Malgrado la sconfitta sul summit con Putin, Merkel e Macron hanno accettato la necessità di mostrare i muscoli: il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione e l’Alto rappresentante di preparare sanzioni economiche per rispondere in futuro “a qualsiasi ulteriore attività nociva, illegale e destabilizzante della Russia”.

 

Il fatto è che una maggioranza di leader ritiene che non si possa tornare a dialogare con Putin fino a quando il presidente russo non dimostrerà di voler tornare almeno in parte a un confronto non ostile. Mario Draghi, che ha sostenuto l’idea di un summit, ha offerto a Merkel e Macron una soluzione per convincere l’est e il nord: l’Ue deve essere consapevole della sua “forza” e “potenza” nelle relazioni con la Russia. La rivolta contro Merkel e Macron sul summit con Putin è stata sia nella forma sia nella sostanza. 

 

La proposta è arrivata alla vigilia del Consiglio europeo, senza consultazioni preventive con le altre capitali e un dibattito tra gli sherpa e gli ambasciatori dei capi di stato e di governo per preparare il terreno a un compromesso. Molti leader “hanno letto la notizia sul Financial Times”, ha detto Draghi. Per la Polonia e i Baltici non è solo una questione di risentimento o paura verso la Russia. Il percorso compiuto da Putin – la guerra in Georgia nel 2008, l’annessione della Crimea e l’intervento nel Donbass ucraino nel 2014, gli avvelenamenti al polonio e al novichok di ex spie e oppositori, le operazioni assassine dei servizi segreti russi sul territorio dell’Ue, i cyber attacchi, la propaganda e le influenze nei processi elettorali – conferma quel che l’est ha detto sin dall’inizio: Putin è un avversario. Ogni volta che l’Ue o i suoi rappresentanti hanno cercato il dialogo, non solo la Russia non ha fatto passi indietro, ma è diventata ancor più aggressiva. L’ultima volta è accaduto a febbraio, quando i leader avevano inviato Josep Borrell a Mosca a portare un ramoscello di ulivo a Sergei Lavrov.

 

L’Alto rappresentante è tornato a Bruxelles umiliato dalla sua controparte russa. Perseguendo la stabilità e lo status quo, Merkel alla fine ha subìto la politica del fatto compiuto di Putin. “Il Cremlino capisce la politica di potenza”, ha spiegato il primo ministro lettone, Arturs Krisjanis Karins. Altri leader sospettano che Merkel voglia solo preservare i suoi interessi economici. “Quello che sta accadendo è che qualcuno vuole dialogare con l’orso per mettere al sicuro un barattolo di miele”, ha detto il presidente lituano, Gitanas Nauseda. 

 

Merkel ieri ha usato un argomento macroniano – la sovranità europea e il vertice Putin-Biden a Ginevra – per annunciare che ci riproverà di nuovo. Per convincere i paesi dell’est, farebbe bene ad ascoltare i consigli di Draghi: l’Ue potrà dialogare con Putin, ma solo se sarà consapevole della sua posizione di forza e in grado di far rispettare le sue linee rosse. “La Russia è un attore importante sul fronte economico e politico” e “bisogna mantenere un dialogo attivo e operativo”, anche se è necessario “che da parte russa si facciano dei progressi”, ha detto Draghi. Ma, “piuttosto che essere dubbiosi sulla propria importanza e potenza, i paesi europei devono essere orgogliosi della manifestazione di forza che danno quando parlano insieme e tutti”.

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