Il corpo del Consorte

Maurizio Crippa

Il posto nelle foto, molto moderno, dentro alla Grande monarchia femminile

La foto più celebre è il ritratto in alta uniforme, di mezzo profilo, su fondo scuro, che Cecil Beaton gli fece il giorno dell’incoronazione. Il giorno in cui divenne Principe consorte. Le più belle sono un paio in cui appare come un buon padre di famiglia degli anni Cinquanta, in abito borghese, chino sui pargoli, lasciando il centro della scena alla madre e all’ultimo nato. Come si addice a chi sa bene quale parte in commedia la Storia gli abbia affidato, dentro alla Grande monarchia femminile. Del resto, quale fosse la sua posizione nelle fotografie Cecil Beaton glielo aveva già insegnato molto prima, il giorno dell’incoronazione. Quando tornarono a Buckingham Palace era lì, nella sala del trono, per continuare il suo lavoro. Ma Filippo non la smetteva di girovagare per spiegare a ognuno dove dovesse mettersi. Finché il gran fotografo-scenografo, assai irritato, gli disse: “Signore, se vuole scattare lei le fotografie, si accomodi”. Cecil Beaton era il ritrattista preferito di Elisabetta, che lo aveva voluto a corte già da giovane principessa e gli aveva affidato il compito di trasformare in una sorta di favola ufficiale l’immagine della Royal Family. In cui la protagonista, l’anima stessa della nazione, sarebbe stata per sempre lei. Così non sono molti i suoi scatti per il Principe Filippo. Ce ne sono di più, e di più intensi, per il Duca di Windsor con Wallis Simpson.

 
Non dev’essere stato facile, per quest’uomo di notevole statura, esuberante, amante della vita e delle battute fuori cerimoniale, trascorrere 73 anni dei suoi quasi cento sempre un passo indietro, o di lato, rispetto alla donna che pure deve avere amato. Ma la monarchia d’Inghilterra, come l’impero liquido di Gran Bretagna, è femmina e lo è sempre stata. Dei re ci ricordiamo a malapena: Riccardo, ma per Robin Hood; un Giorgio, ma per la pazzia; e il più famoso è nella storia per aver cambiato sei mogli. L’Inghilterra è nei nomi di Elisabetta la Grande, di Vittoria, di Elizabeth. Fa parte dell’anima del regno, e forse del carattere più intimo della nazione.

 
Ultimo aristocratico autentico di indole, orgoglioso europeo fino all’inclinazione per la gaffe etnica che oggi costerebbe la testa a qualunque personalità pubblica, Filippo ha avuto, in questo garbo coltivato di uomo accanto a una donna più importante, un tratto di notevole modernità. E’ l’uomo del Novecento che meglio ha dato l’esempio di cosa significhi essere il corpo maschio del consorte, il first gentleman, riuscendo perfino a levigare la statura in una postura lieve e mobile, con la stessa eleganza un po’ dantistica con cui indossava la divisa da cerimonia o il kilt, la tuba col tight o l’abito da campagna. 

  
C’è una fotografia di cui non è tramandato l’autore, 1968. I coniugi sono a una gara di cavalli in campagna. Lui, giacca pied de poule e binocolo a tracolla, è appollaiato in cima a una Land Rover. Lei, tailleur di tweed chiaro e binocolo a tracolla, è appoggiata alla fiancata come una diva americana. Lui è più in alto, ma lei è più al centro. Nella vita di Filippo ed Elisabetta nessuno può dire se abbia funzionato tutto sempre così bene, che gli piacessero le donne è risaputo, ma con meno sconsideratezza di quanto abbiano fatto poi i suoi figli. Carlo, per tacere di Andrea, a un certo punto lo spodestò pure dallo scranno di scavezzacollo della Casa reale. Ma sono pur sempre stati uniti per sette decenni. Il mondo lo ricorderà come uno scorrettissimo gaffeur, quello che osava dire che i cantonesi mangiano di tutto. Gli inglesi lo hanno sempre perdonato, persino quelli delle ultime generazioni imbevute di diversa cultura. E qualcosa, anche in questo, avrà contato quel suo modo consapevole di interpretare il ruolo che si era scelto. Di lato, con quel suo tratto aristocratico.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"