Make Donald Great Again

"Vi sono mancato?". Il primo discorso di Trump da ex presidente

Luciana Grosso

The Donald a Orlando davanti alla (piccola) folla del CPAC, la convention della destra radicale che lo venera come un profeta. Punta ancora alla Casa Bianca e ha un piano in tre tappe per ritornarci 

“Do you miss me yet?”. Comincia così il primo discorso di Donald Trump da ex presidente. Lo avevamo lasciato il 20 gennaio mentre si allontanava da Washington e dalla presidenza sulle note di My Way e lo ritroviamo a Orlando, sulle note di God Bless the Usa davanti alla (piccola) folla idolatrante del CPAC, la convention della destra più destra che c’è, che lo venera, con tanto di statua d’oro, come un messia e un profeta. E sul palco, davanti al suo pubblico, Trump fa quello che ci si aspetta da un messia e da un profeta: indica la via. La via che vuole Trump è sempre la stessa, e porta dritti al 1600 di Pennsylvania Avenue dove sorge la Casa Bianca. E per questo il suo discorso è una specie di descrizione dell’itinerario per arrivarci, suddiviso in tre tappe

   

La prima (piuttosto scontata): la geremiade. Nelle parole di Trump l’Amministrazione di Joe Biden è “la peggiore di ogni tempo” e avrebbe come unico e solo scopo la distruzione dell’America, dalle fondamenta, dalle radici. Nel mondo che vede Trump (e i suoi con lui) Biden è non solo un presidente illegittimo che avrebbe scippato il risultato elettorale con un colpo di stato orchestrato per privare gli americani della loro democrazia, ma anche una jattura, una specie di spargisale, messo lì da chi vuole inaridire la terra d’America e privarla delle sue tradizioni, delle sue regole, della sua grandezza e della sua dignità.

   

   

La seconda (parimenti scontata): le elezioni del 2024. Trump non dice se parteciperà ma non nasconde che gli piacerebbe “battere i democratici per la terza volta”. 

   

    

La terza tappa (la meno scontata e la più trumpiana di tutte i cui frutti vedremo solo nel tempo): delegittimazione. Di chi? Di tutti. Non solo del presidente in carica (dipinto come niente di più che un sordido e bugiardo truffatore), ma anche delle istituzioni, a partire dalla Corte Suprema che non ha voluto nemmeno sentir parlare di ribaltare le elezioni, dell’informazione, della verità stessa delle cose, che Trump non tiene in nessunissimo conto, per finire poi con quella del partito repubblicano di cui Trump è parte e il CPAC elettorato naturale. 

  

Così, dal palco del CPAC, Trump ha rivelato qual è l’obiettivo dei suoi giorni da pensionato: fare con il partito repubblicano quel che ha fatto con le istituzioni americane nel 2016: prenderselo. E per questo l'ex presidente esclude di voler fondare un gruppo suo e dice che lui, e quelli che la pensano come lui, una casa politica ce l’hanno già e si chiama partito repubblicano. 

 

  

Solo, tuona Trump, occorrerà fare pulizia e espellere da quella Casa i Rino, i Repubblicans In Name Only, come Mitt Romney o l’odiatissima Liz Cheney, che usano i voti repubblicani per mettersi in combutta con i Dems e ostacolare il suo grandioso progetto MAGA o addirittura rubare un’elezione (nessuna menzione né del 6 gennaio né dell’impeachment che è venuto dopo). 

 

   

Nel disegno di Trump il partito repubblicano deve essere del tutto a sua immagine e somiglianza, così da poter essere trasformato da incubatore politico in grande comitato elettorale in grado di fargli vincere, prima ancora che le elezioni, la sua scommessa: Make Donald Great Again.