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Nel seggio di BoJo, a Uxbridge

Luciana Grosso

Il Labour conta sugli studenti universitari per scalzare il premier e ottenere la vittoria più dolce. Ma a sentire gli elettori che vanno e vengono, sembra che il premier sia forte (pur se è stato assente)

“Crederci è il primo passo verso il fallimento”: dice così Homer Simpson, profeta di questi tempi confusi, mentre scoraggia ogni afflato di buona volontà nei figli.

  

Probabilmente, il Labour di Uxbridge, sobborgo periferico ma benestante di Londra, quella puntata non l'ha vista. Perché alla battaglia romantica di espugnare Uxbridge crede parecchio. Anzi, forse è quello che vuole di più, anche perché vincere le elezioni, sondaggi alla mano, sembra impossibile. Ma i premi di consolazione per i secondi classificati potrebbero essere ricchi e ghiotti. Il primo: avere abbastanza seggi da costringere, di nuovo, per la seconda volta consecutiva, i Tory a un hung parliament che li costringerebbe a umilianti alleanze e a rivedere i piani per Brexit. Il secondo, il più dolce di tutti: disarcionare Boris Johnson dal suo seggio a Uxbridge. Sarebbe come vincere la lotteria. Una di quelle vittorie che poi chi se ne frega del resto, “al diavolo le elezioni, abbiamo vinto Uxbridge!”.

 


Foto di Luciana Grosso


 

Le (poche, ma cocciute) speranze dei laburisti di Uxbridge risiedono in qualche sondaggio e nel polmone di giovani studenti della Brunel University che, è quasi certo, voteranno in massa per il giovane e carismatico candidato Labour, Ali Milani. Lo faranno sia per sincero europeismo (il second vote promesso da Jeremy Corbyn è meglio della Brexit senza appello promessa da BoJo) sia per altrettanto sincera ostilità verso il premier.

 

Ma il quartiere non è fatto solo di giovani universitari pieni di fuoco europeista. Anzi.

 

Molte sono famiglie borghesi. Molti ancora sono anziani, e, quando li abbiamo intercettati davanti al seggio ci hanno fatto capire di aver convintamente confermato il loro voto per il premier (e dunque per il leave).

 

Sì, perché alla fine, volta e gira, è ancora di questo che si sta parlando: Brexit, leave, remain, Europa. E anche se a guardare bene, Uxbridge di gatte da pelare per i conti suoi, molto più vicine dell’Unione europea, ne avrebbe (su tutte, un contestatissimo progetto di espansione dell’aeroporto di Heathrow), se si parla con le persone per strada, specie se si parla con i più giovani, si finisce sempre a parlare di Brexit e di Europa.

  

Nel 2016 quello di Uxbridge è stato uno dei pochi collegi della capitale ad aver votato per il leave, ma, tra tutti quelli londinesi che lo hanno fatto, è stato quello in cui Brexit ha vinto con il margine minore (57 per cento, altrove, in città, ha superato il 60). Non solo ma, se è vero che questo è un collegio solidamente Tory e se è vero che questo è il seggio del deputato Tory più popolare e famoso del mondo, è anche vero che qui, nel 2017, Johnson ha vinto con un margine risicatissimo: appena 5.000 voti. Pochi. Basta un soffio per ribaltare le cose. E per quel soffio i Labour lavorano e pregano.

   

A dare loro coraggio sono soprattutto tre ragioni: la prima, i recenti sondaggi (dell’autorevolissima YouGov) hanno dato il collegio solo “probabile” per i Tory – un po’ poco, considerando che si tratta del seggio del premier. La seconda ragione è che, sempre i sondaggi, danno vincente, in un ipotetico secondo referendum, il remain e non più il leave. La terza: da queste parti BoJo si è visto pochissimo. Certo era impegnato nella campagna in tutto il paese, i laburisti, che sono storicamente animali da campagna elettorale, ne hanno approfittato e hanno battuto il collegio palmo a palmo. Instancabili. Dappertutto.
Per settimane.

   

Tra qualche ora sapremo se aveva ragione Homer Simpson, profeta di un’indolenza un po’ cinica e nichilista, o se invece la buona volontà del Labour avrà pagato. Se sarà così, alle prime luci dell’alba il partito di Jeremy Corbyn potrà festeggiare la vittoria più dolce e sfrontata, quella che poi “chi se ne frega delle elezioni”.