Donald Trump (foto LaPresse)

Manuale d'utilizzo dell'impeachment in tv

Daniele Raineri

Si apre al Congresso americano l’inchiesta per mettere in stato d’accusa il presidente Trump. Abbiamo letto le trascrizioni e le dichiarazioni delle persone informate sulla telefonata con l’Ucraina: ecco quel che è stato chiarito fino a ora

Oggi comincia la parte pubblica dell’inchiesta per rimuovere il presidente americano Donald Trump dalla Casa Bianca. I democratici vogliono dimostrare che Trump ha abusato del suo potere ai milioni di americani che seguiranno in diretta le deposizioni ma c’è una cosa preliminare e molto importante da sapere: la decisione finale passerà da un voto qualificato al Senato e i democratici non hanno la maggioranza necessaria per far passare un impeachment contro il presidente.

 

Detto questo, confidano che le prossime due settimane di udienze pubbliche e tutta la procedura di impeachment a meno di un anno dal voto saranno uno spettacolo dannoso per lui – e sei persone intanto si sono dimesse. Accusano Trump per un fatto successo questa estate: ha bloccato gli aiuti militari all’Ucraina – un pacchetto da quattrocento milioni di dollari, pari a circa un decimo del budget della Difesa ucraina – perché in cambio voleva dal presidente ucraino l’annuncio che c’erano indagini in corso contro il figlio di Joe Biden e anche su un complotto contro la campagna elettorale di Trump. Il presidente americano ha sospeso gli aiuti militari a un paese alleato in guerra (una guerra a bassa intensità che ha fatto tredicimila morti) per costringere il presidente ucraino a infangare Biden, che è lo sfidante democratico favorito nei sondaggi. Come bonus, pretendeva anche che il presidente ucraino dicesse che le interferenze russe nel 2016 a favore di Trump non erano vere, come è stato dimostrato dall’inchiesta Mueller, ma erano invece un complotto ordito in Ucraina.

    

Per dimostrare che queste richieste di Trump sono un abuso di potere i democratici hanno due testimoni-chiave. Il primo è William Taylor, il diplomatico più alto in grado in Ucraina. Taylor si rese conto nei mesi scorsi che la Casa Bianca aveva aperto un canale di comunicazione parallelo con gli ucraini e che questo canale non c’entrava nulla con la diplomazia ufficiale ed era stato affidato a un consigliere informale di Trump, Rudy Giuliani, e a un altro trumpiano di ferro, l’ambasciatore americano all’Unione europea, Gordon Sondland. Trump voleva gestire l’Ucraina con i suoi e non attraverso il dipartimento di stato. Taylor però parlava con gli ucraini e quindi venne a sapere molto presto delle richieste fatte da Trump, del quid pro quo, per usare un’espressione che si sentirà parecchio in queste settimane: io darò una cosa a te se tu dai una cosa a me.

 

La Casa Bianca sostiene che non c’era un quid pro quo. Il diplomatico invece dice che gli uomini del dipartimento di stato, come lui, hanno tentato di convincere il presidente ad abbandonare questa posizione e sbloccare gli aiuti. L’altro testimone chiave è Sondland, che prima ha detto e ripetuto che non c’era alcun quid pro quo e poi la settimana scorsa ha firmato sotto giuramento quattro pagine in cui cambia versione e ammette che sì, c’era un quid pro quo tra la Casa Bianca e il governo ucraino. Sondland non apparirà nelle udienze pubbliche. In tutto i democratici hanno sentito a porte chiuse quindici persone e hanno riempito migliaia di pagine di deposizioni – molti dettagli ancora non si conoscono. Diciannove persone, tra loro Rudy Giuliani, si sono rifiutate di rispondere alla convocazione.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)