L'ambasciatore William Taylor mentre va al Campidoglio a Washington per la sua testimonianza (LaPresse)

William Taylor, testimone di sfondamento

I media ostili? Il “linciaggio” dei democratici? Non c’entrano con la richiesta di impeachment contro Trump. Queste sono le parole dell’ambasciatore americano che ha visto le trattative

Pubblichiamo ampi stralci delle dichiarazioni iniziali dell’ambasciatore americano William Taylor durante la testimonianza a porte chiuse davanti alle commissioni Affari esteri, Intelligence e Sorveglianza del Congresso (questo testo è stato ottenuto dal Washington Post). Settantadue anni, diplomato a West Point, soldato della 101 Airborne Division in Vietnam, è uno dei diplomatici più d’esperienza degli Stati Uniti, al servizio del governo dal 1985, oltre che considerato molto credibile. Quando, nello scorso giugno, l’Amministrazione Trump gli ha chiesto di diventare ambasciatore in Ucraina – dopo che era stata licenziata l’ambasciatrice Marie Yovanovitch a causa principalmente delle critiche da parte dell’avvocato personale di Trump Rudy Giuliani – Taylor ha esitato. Aveva lasciato la carriera diplomatica da poco, pur restando coinvolto negli affari di governo come vicepresidente dell’Institute of Peace a Washington. Ma l’Ucraina significava molto per lui: era stato ambasciatore a Kiev dal 2006 al 2009 (nominato da George W. Bush) ed era rimasto molto legato al paese e all’idea che la sicurezza dell’Ucraina avesse un ruolo decisivo nella sicurezza dell’occidente, e quindi dell’America. Per questo, accettò l’incarico. Questo è quello che ha raccontato nella testimonianza agli investigatori del Congresso che stanno ricostruendo la questione dei rapporti tra l’Amministrazione Trump e l’Ucraina, la richiesta del presidente di ottenere materiale compromettente su Joe Biden, rivale politico, e quel che è stato fatto per avere questo “favore”. Come si sa, questa è materia da impeachment.

  

Il quid pro quo esplicito

“A metà luglio, mi era diventato chiaro che l’incontro che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky voleva (con Donald Trump) era condizionato all’inchiesta su Burisma (l’azienda in cui lavorava il figlio di Biden, Hunter, ndr) e a quella sull’interferenza ucraina nelle elezioni americane del 2016 (è la teoria cui crede Trump: i russi non hanno hackerato i server del Partito democratico, ma lo stesso Partito democratico ha fatto l’hackeraggio per avere un’accusa nei confronti di Trump. Le prove di questo fatto sarebbero nascoste in Ucraina da Crowdstrike, un’azienda di sicurezza informatica che Trump crede sia ucraina ma è californiana, ndr). Mi era anche chiaro che questo condizionamento era guidato dal canale politico irregolare che, da quanto avevo capito, era gestito da Rudy Giuliani. (…) L’ambasciatore Sondland (Gordon Sondland, ambasciatore americano presso l’Unione europea, ndr) mi aveva anche detto che si era reso conto di aver fatto un errore quando aveva detto ai funzionari ucraini con cui aveva contatti che l’incontro alla Casa Bianca con il presidente Zelensky dipendeva da un annuncio pubblico dell’avvio dell’inchiesta – l’ambasciatore Sondland in effetti disse che ‘ogni cosa’ dipendeva da questo annuncio, compresa l’assistenza sulla sicurezza. Disse che il presidente Trump voleva il presidente Zelensky in una “public box” a fare l’annuncio pubblico con l’ordine di apertura di questa inchiesta”.

Due canali con l’Ucraina

C’erano due canali politici in Ucraina, uno formale e regolare, l’altro informale e “altamente irregolare”, guidato da Giuliani

“Trovai un sistema confuso e inusuale nel fare la politica americana nei confronti dell’Ucraina. C’erano due canali di policy-making e di implementazione, uno regolare e uno altamente irregolare. Come capo della missione, avevo autorità sui processi diplomatici formali e regolari, compreso lo sforzo americano di sostenere l’Ucraina contro l’invasione russa e aiutare il paese a sconfiggere la corruzione. Questo canale regolare ha avuto un appoggio sistematico, forte e bipartisan al Congresso e in tutte le amministrazioni fin dall’indipendenza dell’Ucraina dalla Russia, nel 1991. Allo stesso tempo però c’era un canale informale e irregolare nei confronti dell’Ucraina, che includeva l’inviato speciale di allora, Kurt Volker, l’ambasciatore Sondland, il ministro per l’Energia Rick Perry e, come ho scoperto in seguito, Giuliani. (…) Quando sono arrivato a Kiev, a giugno e luglio, le azioni di entrambi i canali di politica estera, quello regolare e quello irregolare, avevano lo stesso obiettivo finale: una partnership forte tra Stati Uniti e Ucraina. Ma ad agosto mi era già diventato chiaro che questi due canali avevano obiettivi divergenti. Quando l’ho capito, mi sono preoccupato sempre di più”.

 

Come fanno i businessman

“Prima di questi messaggi (fa riferimento a uno scambio avvenuto con l’ambasciatore Sondland, ndr), durante la nostra conversazione dell’8 settembre (la richiesta formale di apertura del processo di impeachment è del 24 settembre, ndr), Sondland cercò di spiegarmi che il presidente Trump è un businessman. Quando un businessman sta per firmare un assegno a qualcuno che gli deve qualcosa – disse – il businessman chiede a questa persona di pagare prima di firmare l’assegno. L’ambasciatore Volker usò gli stessi termini qualche giorno più tardi mentre partecipavamo insieme alla Yalta European Strategy Conference. Dissi a entrambi che questa spiegazione non aveva senso: gli ucraini non “dovevano” nulla al presidente Trump, e fermare l’assistenza per la sicurezza per un guadagno politico interno era “folle”, come ho scritto nei miei messaggi telefonici a Sondland e Volker il 9 settembre”.

 

Altri ucraini moriranno

L’ambasciatore Volker e io abbiamo visitato la prima linea nel Donbass settentrionale per ricevere un briefing dal comandante delle forze che si trovavano al fronte. Arrivati per il briefing nel quartier generale dell’esercito, il comandante ci ha ringraziato per il nostro contributo alla sicurezza, ma io sapevo che quel contributo era sospeso, e questo mi ha messo a disagio.

   

L’ambasciatore Volker e io abbiamo potuto vedere le forze armate e ostili comandate dalla Russia dall’altra parte di un ponte danneggiato lungo la linea del fronte. Più di 13.000 ucraini sono stati uccisi nella guerra, uno o due a settimana. Altri ucraini senza dubbio morirebbero, venisse a mancare il sostegno americano.

   

La contrarietà di Bolton e il silenzio di Pompeo

Nella stessa telefonata del 19 luglio, [Fiona Hill e Alexander Vindman, due membri del Consiglio di sicurezza nazionale, ndr] mi hanno raccontato dell’incontro del 10 di luglio alla Casa Bianca con funzionari ucraini. Nello specifico, mi hanno detto che l’ambasciatore Sondland aveva legato le “indagini” alla possibilità di un meeting nello Studio Ovale per il presidente Zelensky, e che questo aveva irritato l’ambasciatore Bolton al punto tale che lui aveva interrotto bruscamente l’incontro e aveva detto a Hill e Vindman che loro non dovrebbero avere niente a che fare con la politica interna. Ha anche detto a Hill di “aggiornare gli avvocati”. Hill ha detto che l’ambasciatore Bolton dopo l’incontro del 10 di luglio ha cominciato a parlare della questione come di uno “scambio tra narcotrafficanti”. L’ambasciatore Bolton era contrario alla possibilità di una telefonata tra il presidente Zelensky e il presidente Trump, perché temeva che “sarebbe stato un disastro”.

  

L’ambasciatore Sondland ha detto che voleva essere sicuro che nessuno trascrivesse o sorvegliasse la telefonata con Zelensky

Come è comprensibile, gli ucraini presenti all’incontro erano confusi. L’ambasciatore Bolton, usando il canale regolare delle decisioni di policy, voleva parlare di sicurezza, energia e riforme. L’ambasciatore Sondland, usando un canale irregolare, voleva legare la possibilità di una visita alla Casa Bianca con le indagini ucraine.

(…)

Poco prima della fine della visita dell’ambasciatore Bolton gli ho chiesto di poterlo incontrare in privato e gli ho espresso la mia forte preoccupazione per la sospensione degli aiuti militari all’Ucraina proprio mentre gli ucraini stavano difendendo il loro paese da 8un’aggressione della Russia. L’ambasciatore Bolton mi ha consigliato di mandare di persona un cablo al segretario [di stato, ndt] Pompeo, per esporgli le mie preoccupazioni. Ho scritto e inviato questo cablo il 29 di agosto, descrivendo la “follia” di sospendere gli aiuti militari all’Ucraina in un momento in cui le ostilità erano ancora attive nell’est e mentre la Russia stava valutando con attenzione il livello di sostegno che l’America fornisce al governo Ucraino. Ho detto al segretario che non potevo difendere questa scelta e non l’avrei fatto. Benché non abbia ricevuto una risposta specifica, ho sentito che poco dopo il segretario ha portato il cablo con sé a un meeting alla Casa Bianca dedicato agli aiuti per la sicurezza all’Ucraina.

    

Le telefonate con meno testimoni possibile

Ho capito che la situazione era strana quando l’ambasciatore Sondland mi ha detto il 28 di giugno che non voleva includere la gran parte dei partecipanti abituali alla telefonata prevista quel giorno con il presidente Zelensky. L’ambasciatore Sondland, l’ambasciatore Volker, il segretario [Rick] Perry e io assistevamo alla chiamata, collegandoci da luoghi differenti. Tuttavia, l’ambasciatore Sondland ha detto che voleva essere sicuro che nessuno trascrivesse o sorvegliasse mentre aggiungevano il presidente Zelensky alla conversazione telefonica.

(…)

Il 25 luglio, il presidente Trump e il presidente Zelensky hanno fatto la tanto attesa telefonata. Stranamente, pur essendo capo della missione e pur avendo in programma un incontro con il presidente Zelensky assieme all’ambasciatore Volker il giorno seguente, non ho ricevuto nessuna trascrizione della telefonata dalla Casa Bianca. Il governo ucraino ha pubblicato un riassunto corto e poco chiaro.

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