Sidney Rittenberg con Mao Zedong in un fotogramma del documentario “The Revolutionary”

La vita straordinaria di Sidney Rittenberg, apologeta di Mao e milionario

Eugenio Cau

Nato nel 1921 da una famiglia agiata nel South Carolina, è stato l’unico americano iscritto al Partito comunista cinese. È morto sabato a 98 anni

Milano. Sidney Rittenberg ha vissuto una delle vite più straordinarie del Novecento. Nato nel 1921 da una famiglia agiata nel South Carolina, Rittenberg è stato l’unico americano iscritto al Partito comunista cinese, amico e confidente di Mao Zedong, il dittatore e fondatore della Repubblica popolare, sostenitore e apologeta del regime sanguinario, e infine consulente ubercapitalista e milionario di aziende americane che cercavano contatti per entrare nel fiorente mercato cinese. E’ morto sabato in una casa di riposo a Scottsdale, in Arizona, la notizia della sua morte è stata diffusa domenica.

 

Rittenberg aveva 98 anni, e ne ha vissuti abbastanza per riempire decine di esistenze. Giovane radicale iscritto al Partito comunista americano e agitatore sindacale, nel 1945 Rittenberg è coscritto e mandato in Cina come soldato semplice, poco prima della fine della Seconda guerra mondiale. L’esercito nota che è dotato per le lingue e lo indirizza verso un programma di studi linguistici. Rittenberg impara il cinese e quando la guerra finisce comincia a lavorare per un programma delle Nazioni Unite a Shanghai, ma odia la corruzione del governo nazionalista che allora dominava il paese. Così si mette in viaggio per andare dai comunisti. Dopo 45 giorni di cammino arriva sulle montagne a Yan’an e incontra Mao Zedong. Comincia a tradurre in inglese volantini rivoluzionari, fa amicizia con Mao e con tutta l’alta aristocrazia rossa. Assieme, Mao e Rittenberg guardavano film di Stanlio e Ollio, l’americano traduceva e il cinese rideva. E’ lo stesso Mao che nei decenni sarà autore di purghe sanguinose e di politiche che hanno provocato la morte di decine di milioni di persone. Con tutte le differenze, Sidney Rittenberg è stato il foreign fighter del maoismo.

 

  

Nel 1949 i comunisti vincono la guerra civile contro il governo nazionalista ed entrano a Pechino. Rittenberg non può godersi il successo perché Stalin comunica a Mao che l’americano che si porta sempre appresso è in realtà una spia. Non era vero, ma Mao fa gettare Rittenberg in prigione. Ci rimarrà sei anni, in isolamento. Quando esce, riabilitato, nel 1955, la sua fede rivoluzionaria è più salda che mai. Rittenberg diventa un funzionario comunista di medio-alto livello, fa carriera nella propaganda e diventa direttore di Radio Pechino. Quando nel 1958 Mao annuncia il Grande balzo in avanti, un tentativo di trasformare la Cina in un’economia socialista che provocherà decine di milioni di morti (le stime vanno da 18 milioni di vittime a 56 milioni), Rittenberg sosterrà il dittatore pubblicamente. Quando nel 1966 Mao dà il via alla Rivoluzione culturale, che provocherà all’incirca due milioni di morti, Rittenberg inciterà alle violenze assieme alle Guardie rosse – è celebre una sua foto in cui si fa autografare da Mao in persona il Libretto rosso. Nel 1968 la moglie di Mao lo denuncia come cospiratore, e Rittenberg finisce di nuovo in prigione, dieci anni in isolamento. Sua moglie fu mandata per tre anni nei campi di lavoro, i figli affidati a parenti.

 

A leggere la sua autobiografia (“The Man Who Stayed Behind”, scritta assieme alla giornalista Amanda Bennett), sembra che nemmeno dieci anni di isolamento avessero fatto vacillare la sua fede comunista. Ma all’uscita di prigione, nel 1978, la Cina era cambiata: Mao era morto, il paese si stava aprendo al capitalismo, la rivoluzione era finita. Così Rittenberg approfitta delle politiche lasche dell’Amministrazione Carter e torna negli Stati Uniti. Rimane in sordina per un po’, e poi, come il paese che l’ha ospitato per 35 anni, decide che non c’è alcuna vergogna nel capitalismo. Negli anni Novanta diventa consulente per decine di multinazionali che cercano di entrare nel mercato della Cina. I suoi contatti con la nomenklatura sono preziosissimi, e inoltre ogni cittadino cinese conosce il suo nome (almeno nella versione cinese, Li Dunbai) perché è citato negli scritti di Mao, e tutti i cinesi dovevano imparare a scuola gli scritti di Mao. Rittenberg lavora con Microsoft, Dell, Levi Strauss, Hughes Aircraft, Intel, Polaroid e moltissimi altri. I suoi contratti sono sempre almeno a sei cifre. Fa i milioni e va in giro guidando una BMW e una Lexus, come racconta un articolo del New York Times del 2004. Dal peggio del comunismo al meglio del capitalismo, con un decennio e mezzo di prigione tra l’uno e l’altro. In un documentario del 2012 a lui dedicato e titolato “The Revolutionary”, Rittenberg risponde a una domanda su Mao dicendo: “E’ stato un grande eroe e un grande criminale”. Non suona come il ripudio di uno dei peggiori tiranni del Novecento.

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