foto LaPresse

Salvini, il Giggino Di Maio di Orbán

Alleanze che non lo sono. Così il premier ungherese ha usato e illuso il Truce

La sottoscrizione di un accordo commerciale tra Italia e Ungheria per il porto di Trieste, avvenuta ieri nel capoluogo friulano, è stata per Matteo Salvini l’occasione per allestire l’ennesimo trompe-l’oeil propagandistico sull’apparente corrispondenza d’amorosi sensi tra la Lega e Viktor Orbán. Il quale, peraltro, non s’è neppure scomodato di persona, mandando il suo ministro degli Esteri a stringere la mano all’“amico Matteo”.

 

Doveva essere l’alleanza risolutiva, quella tra il Carroccio e Fidesz: così, almeno, l’aveva spacciata per mesi Salvini, secondo il quale il primo ministro ungherese avrebbe garantito alla Lega una centralità nei giochi delle trattative politiche a Bruxelles. E per questo Orbán era stato ricevuto con tutti gli onori alla prefettura di Milano, nell’agosto 2018. Per questo, a inizio maggio scorso, il Truce aveva ricambiato la visita facendosi mostrare, con l’aria del bravo scolaretto in gita, i muri antimigranti innalzati da Orbán ai confini con la Serbia. La convinzione di Salvini era quella di potere usare Fidesz, a lungo rimasta con mezzo piede fuori dal Ppe, per scardinare l’unità dei popolari a Bruxelles, sparigliare le carte e ottenere un lasciapassare tra la destra presentabile europea, aggregando attorno al polo italo-ungherese un blocco di partiti sovranisti dell’est.

 

Alla fine, invece, Salvini è stato trattato da Orbán come un usato Maio qualsiasi: il leader di Fidesz ha agitato la minaccia di un accordo con la Lega per acquistare potere negoziale all’interno del Ppe, e al momento giusto ha scaricato il vicepremier italiano senza tanti complimenti.

 

La prova definitiva dell’inconsistenza salviniana in Europa è arrivata martedì: quando il Ppe, anziché “svoltare a destra” come auspicato dai leghisti, ha preferito dirottare i suoi voti sulla sinistra di GuE, sui Verdi e sul M5s pur di non votare la candidata leghista alla vicepresidenza del Parlamento europeo. Lo stesso Orbán, l’amico Orbán, quello che avrebbe dovuto garantire agibilità politica a Salvini a Bruxelles, si è premurato di collocarsi al di qua del “cordone sanitario” europeo, lasciando la Lega insieme agli estremisti di destra franco-tedeschi della Le Pen e dell’AfD nell’irrilevanza più totale.

Di più su questi argomenti: