Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Il Jobs Act di Macron funziona

Redazione

Disoccupazione più bassa degli ultimi dieci anni in Francia, nonostante piazze e scioperi

Ci sono le manifestazioni dei gilet gialli e le geremiadi della sinistra radicale, c’è il Macron-bashing dei sovranisti e l’allarmismo di una certa stampa parigina, poi, però, ci sono i numeri dell’occupazione che riportano tutti alla realtà e mostrano una Francia dove la riforma del mercato del lavoro firmata dall’inquilino dell’Eliseo sta producendo i suoi frutti.

 

 

Secondo le cifre pubblicate dall’Insee, l’Istat francese, sulla base degli standard dell’Oil, l’Organizzazione internazionale del lavoro, il tasso di disoccupazione è sceso nel primo trimestre del 2019 all’8,7 per cento, raggiungendo il livello più basso dal 2009. “E’ il miglior risultato da dieci anni a questa parte. Da due anni, si registra un costante calo della disoccupazione”, ha dichiarato a France Info il primo ministro Edouard Philippe. Rispetto al primo trimestre del 2018, il tasso di disoccupazione generale è inferiore di 0,5 punti percentuali, e se si osservano le cifre nella sola Francia metropolitana, escludendo dunque i territori francesi d’oltremare, si nota ugualmente un calo dello 0,1 per cento della disoccupazione, che ora è al 8,4 per cento. “E’ un buon segno e sta a significare che dobbiamo continuare a lavorare con coerenza, costanza e determinazione”, ha aggiunto il premier Philippe.

 

La liberalizzazione del mercato del lavoro, tramite le famose “ordonnances” firmate nel settembre del 2017, è all’origine di questi dati positivi, che scendono come manna dal cielo a una settimana dalle delicate elezioni europee. Macron non ha mai fatto mistero di essersi ispirato al Jobs Act renziano per introdurre maggiore flessibilità in un mercato del lavoro, quello francese, troppo ingessato e prigioniero di molti tic statalisti. La differenza, appunto, è che Macron è riuscito ad andare fino in fondo nel suo programma di liberalizzazioni, nonostante le barricate dei sindacati, e vuole continuare in questa direzione. L’Italia invece ha abbandonato da tempo i suoi buoni propositi riformisti.