Pöttering raffredda il flirt tra Ppe e sovranisti: “Sono antieuropei”
Lo storico capogruppo dei popolari europei è “molto, molto scettico” sull’alleanza. La sua visione per l’Ue di domani
Bologna. A venti giorni dalle elezioni europee i sondaggi sembrano disegnare un quadro senza sconvolgimenti epocali, gelando le speranze di uno sfondamento da parte dei partiti nazional-populisti. In Italia il duo Salvini-Di Maio ha agitato la prospettiva dello sfondamento come premessa per una specie di palingenesi dell’Unione made in Italy, quasi che l’Europa fosse una proiezione naturale del cortile di casa. E ora che questa prospettiva sembra ridimensionarsi, si fa un gran parlare, in Italia e altrove ma soprattutto in Italia, di possibili alleanze tra il Partito popolare europeo (Ppe) e un raggruppamento sovranista guidato da Salvini con la mediazione di Viktor Orbán, il leader ungherese che sta nel Ppe ma che lo stesso Ppe ha messo sotto osservazione per le sue politiche illiberali. Lo Spitzenkandidat dei popolari, Manfred Weber, ha chiuso le porte ai sovranisti, ma il ministro degli Esteri italiano, Enzo Moavero Milanesi, sulla scia di Salvini insiste, e non ha escluso una possibile alleanza – su che basi non è dato sapere. Tutto questo ha più il sapore di una manovra propagandistica in salsa italica, più che di un’ipotesi con qualche fondamento. Hans-Gert Pöttering, storico capogruppo dei popolari europei, ex presidente dell’Europarlamento e oggi componente del comitato ristretto insediato dal Ppe per decidere sulle eventuali sanzioni a Orbán (un punto sul quale si limita a dire: “Aspettiamo di sentirlo”), la mette così: “Sono molto, molto scettico sulla possibilità di un collegamento con i partiti sovranisti. I movimenti politici vanno giudicati sulla base dei loro comportamenti e oggi, nei comportamenti di questi movimenti, penso anche alla Lega e ai 5S, non c’è nulla che possa prefigurare una alleanza. Sono movimenti antieuropei, magari domani cambieranno, ma oggi abbiamo ben poco in comune”. Comunque, aggiunge Pöttering parlando con il Foglio a Bologna (dove ha presentato il suo libro sull’Europa, “Uniti per la nostra felicità”, con Romano Prodi), “questo non è un tema all’ordine del giorno. Oggi i partiti europeisti devono lottare per ottenere il massimo dei consensi, battere i populisti e per questo sarà importante l’affluenza. Il Pe è un’istituzione importante dotata di un potere di iniziativa legislativa autonomo, il Parlamento conta”. Come andrà a finire? “I movimenti nazional-populisti cresceranno, ma penso che i partiti europeisti (includendo i liberali e il francese En Marche, ndr) avranno una maggioranza chiara”. Pöttering fa capire che la “chiara maggioranza” limiterà anche le possibilità di disturbo dei sovranisti nella operatività del Parlamento. Sovranisti che bisognerà continuare a combattere. Come? Pöttering rivela la natura di politico profondamente centrista, per lui la rincorsa dei nazional-populisti sarebbe un errore: “E’ inaccettabile che la Cdu si sposti a destra. La Cdu è un partito cristiano, sociale e conservatore e tale deve restare”.
All’indomani del voto il problema sarà quello di “far ripartire l’Europa con i suoi valori e i suoi obiettivi fondanti”. Eh già, ma l’Europa di oggi non è più quella dei padri fondatori, e gli europei non si amano più, ha detto Jean-Claude Juncker. Che cosa è successo? Pöttering non sembra dare troppo peso ai fattori economici, la crisi, il rallentamento dei progetti di riforma dell’Eurozona, la perdita di vigore dell’asse franco tedesco, l’impatto della globalizzazione: “Certamente tutte cose importanti”, dice. Dalla globalizzazione, per esempio, “non si torna indietro. Oggi assistiamo a un fenomeno bizzarro: l’integrazione a livello mondiale cresce ma in Europa aumentano i sentimenti nazionalistici. E’ una contraddizione in termini. Cosa può fare un’Europa divisa, smembrata nei confronti dell’America di Trump e della Cina di Xi? Nulla”. E ancora sulla riforma dell’Eurozona e l’asse franco-tedesco: “Il raffreddamento dell’asse franco-tedesco è più una percezione che una realtà, come dimostra Acquisgrana, ma se Macron avanza delle proposte la Germania ha il dovere di rispondere”. Il momento di svolta, il punto dolente, però è stata la crisi migratoria. “L’immigrazione è e resterà la nostra priorità. I sovranisti vogliono fare credere che esistono soluzioni nazionali al problema. Ma la soluzione non può che essere europea. Occorre assicurare la frontiere esterne e trovare un equilibrio tra l’accoglienza di chi scappa dalle guerre e dalle dittature e far capire ai migranti economici che l’Europa non può risolvere il problema della miseria mondiale”.
L'editoriale dell'elefantino