Oleg Sentsov (foto LaPresse)

“Numbers”, il film di Oleg Sentsov diretto da una prigione in Siberia

Micol Flammini

Dal regista ucraino accusato da Mosca di terrorismo, una storia sui numeri che lottano contro un sistema autoritario

Roma. Oleg Sentsov è un regista. Un regista ucraino. Un ucraino della Crimea. Quindi per i russi, Oleg Sentsov è un russo che però non voleva diventare russo. Nel 2014 è stato arrestato nella sua casa di Sinferopoli, Crimea, con l’accusa di aver organizzato atti terroristici. Secondo i suoi accusatori avrebbe tentato di incendiare la sede di Russia unita, il partito di Vladimir Putin, nella sua città, di aver pianificato la distruzione della statua di Lenin e di aver dato fuoco anche agli uffici dell’organizzazione filorussa della Crimea. E’ stato condannato a ventitré anni di carcere. Sentsov era un attivista, aveva partecipato alle proteste di Euromaidan e continuava a manifestare contro l’annessione della Crimea da parte della Russia, dopo l’arresto e il processo è stato portato in una prigione in Siberia e lo scorso anno ha iniziato un lungo sciopero della fame che ha smosso un po’ tutti. Sua madre aveva scritto una lettera a Putin, Emmanuel Macron aveva chiamat oil presidente russo per chiedergli di liberarlo, registi, attori, intellettuali, tutti ne hanno chiesto la scarcerazione.

  

Ai primi di giugno, quando ormai Sentsov aveva iniziato lo sciopero della fame da un mese, durante lo show annuale che si tiene in Russia a reti unificate, la ricorrenza in cui il presidente russo risponde alle domande dei cittadini, qualcuno aveva telefonato per chiedergli di accettare uno scambio di prigionieri, proponeva la liberazione del regista in cambio del giornalista russo Kirill Vyshinki, arrestato a Kiev. Putin aveva spiegato che il giornalista non era in prigione per terrorismo e i due casi non potevano essere messi sullo stesso piano. Lo sciopero è andato avanti ancora a lungo, l’Alto commissariato per i diritti umani aveva diffuso una foto che ritraeva Sentov emaciato, livido, altissimo e senza forze dentro la sua cella. Ha digiunato per mesi, fino ad ottobre, quando le sue condizioni fisiche sono diventate insostenibili. Qualche giorno dopo il Parlamento europeo gli ha dedicato il premio Sacharov, ma nonostante la mobilitazione e le lettere – sua madre Ljudmila a Putin scriveva: “Le chiedo soltanto di non rovinare la vita di mio figlio” – il regista non è mai stato liberato. Ci si aspettava una risposta da parte del Cremlino, ma il presidente russo si è affidato al tempo, ai giorni.

 

Poco ormai si parla dell’Oleg Sentov regista, dei suoi film e della sua carriera, altra vittima dell’arresto. Il suo primo lungometraggio “Gamer” ha anche vinto un premio importante al Rotterdam Film Festival. Stava lavorando a un altro film, “Rhino”, ma l’arresto gli ha reso impossibile andare avanti con il lavoro, eppure qualcosa si è sbloccato, la sua creatività e anche la necessità, forse, di raccontare e comunicare. Così si è messo a lavoro su “Numbers”, un film sui numeri – distopico, alterato, irreale – che lottano contro un sistema autoritario. Si muovono in un mondo immaginario, tutti i personaggi principali sono numeri che obbediscono a regole e cerimonie rigorose, le loro vite sono controllate da giudici e dipendono dalla volontà di un sovrano chiamato Zero. La produttrice del film è Anna Palenchuk, ucraina. E’ stata lei a raccontare come un uomo rinchiuso in prigione sia riuscito a ideare un film, lo ha fatto inviando lettere, cinque, otto a settimana, a seconda del bisogno e delle cose da dire. Lo ha fatto cercando di sfuggire al sistema di controllo e forse anche da questa necessità è uscito fuori un soggetto così criptico, seppur con un messaggio potente. Attraverso la scrittura e le lettere Sentsov sta riuscendo a realizzare il suo secondo lungometraggio, e attraverso gli incontri con il suo avvocato, Dmitri Dinze, lui veniva informato sugli attori, gli oggetti di scena, ogni tipo di scelta. Aveva bisogno però di un regista che fosse sulla scena, aveva bisogno di occhi e ha scelto Akhtem Seitablaev, ucraino come lui. Prima “Numbers” è stato portato a teatro, a Kiev, una prova generale prima delle riprese. Il progetto, ambizioso e folle – è bello soltanto pensare a quelle lettere che descrivevano un film che viveva nella testa del regista – ha goduto anche dell’interesse europeo, soprattutto polacco, il Polish Film Institute ha finanziato parte della produzione.

 

Questo lungometraggio di carta sarà un manifesto, sarà la proiezione di quello che il regista sente in prigione. Sarà la sua denuncia, il suo testamento. E l’insegnamento che, se è possibile dirigere un film in un carcere in Siberia, “forse siamo pronti a tutto”, ha detto Anna Palenchuk. Oggi sono millesettecentosettantasette giorni che Oleg Sentsov è in prigione.

Di più su questi argomenti: