Il dissidente venezuelano Loren Saleh (Foto LaPresse)

Così il regime venezuelano tortura i dissidenti. Parla il Premio Sakharov

Maurizio Stefanini

"Scosse elettriche e percosse con tubi. Siamo sequestrati da uno stato mafioso". Intervista a Lorent Saleh, ex prigioniero di Maduro

Roma. “Il regime venezuelano sottomette i detenuti politici a vari tipi di torture e li considera come mercanzia. Io sono stato sequestrato in Colombia dal governo di Juan Manuel Santos e consegnato al regime venezuelano come mercanzia in cambio della sua mediazione con le Farc. Dopo quattro anni sono stato liberato e consegnato al governo spagnolo come mercanzia per distrarre l’attenzione dall’omicidio di Fernando Albán”. La denuncia è di Lorent Enrique Gómez Saleh: tra gli otto venezuelani insignito nel 2017 del Premio Sakharov del Parlamento europeo, mentre era ancora detenuto. È venuto a Roma in contemporanea con il conferimento del Premio Sakharov del 2018 apposta per dare la sua testimonianza.

 

Attivista per i diritti umani; esule in Colombia; arrestato e consegnato al Sebin, il Servizio bolivariano di intelligence: “La persecuzione contro me i miei compagni inizia già dal 2007, quando nasce il movimento studentesco venezuelano. Il 4 ottobre 2014 sono stato non deportato, ma sequestrato. Così hanno stabilito il Gruppo di Detenzioni Arbitrarie dell’Onu e la Commissione Interamericana dei Diritti Umani. Sono stato sequestrato nella città di Bogotá per ordine dell’ex presidente colombiano Juan Manuel Santos, sono stato portato fino al ponte Simón Bolívar alla frontiera colombiano-venezuelana e lì consegnato al Sebin, che mi ha chiuso in quel centro che è chiamato La Tumba”.

 

La Tomba! “Perché si trova cinque piani sotto terra. Un luogo molto freddo, un laboratorio di tortura bianca molto moderno e sofisticato. Nei due anni e due mesi che sono stato lì recluso mi hanno sottoposto a vari trattamenti crudeli, inumani e degradanti, per obbligarmi a girare video in cui accusassi leader dell’opposizione. Mi hanno tenuto in isolamento, al freddo, sottoposto anche a torture fisiche. Dopo un duro pestaggio mi hanno portato in un altro centro di detenzione. Sono stato all’Helicoide, altro luogo simbolo della tortura in Venezuela. Ma mia madre ha iniziato a denunciare il mio caso, e fortunatamente in alcuni paesi abbiamo potuto ottenere di essere ascoltati: tra questi l’Italia”.

 

Saleh è diventato suo malgrado un esperto nel tipo di torture utilizzate in Venezuela. “Ce ne sono di due tipi: le torture fisiche e quelle bianche, o psicologiche. Queste ultime sono le peggiori, perché trascendono nel tempo. Le chiamano torture bianche perché non lasciano tracce fisiche. Ad esempio, sottomettere una persona a luce bianca intensa per tempo prolungato. Sottoporla a temperature basse. Toglierle qualunque percezione dei colori, facendole vedere solo bianco e nero. Giocare con i nervi attraverso minacce di suoni e di luci.

 

“In tortura fisica sono specializzato all’Elicoide. Scosse elettriche. Percosse con tubi. Persone sospese per le braccia. Un sistema di catene e manette chiamato ‘polpo’ che immobilizza braccia e gambe, generando contusioni. A 70 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sono avanzati i i meccanismi di protezione e vigilanza in materia di diritti umani e contro la tortura, ma purtroppo i metodi di tortura sono evoluti ancora di più”.

 

Saleh è stato liberato dal Sebin il 18 ottobre. Fernando Albán, un altro celebre dissidente, era volato da una finestra al decimo piano nella sede del Sebin appena dieci giorni prima. “È stato un assassinio: non il primo! La mia liberazione, dopo tanti anni di prigione e di insistenze da parte di governi di tutto il mondo e di organismi internazionali, è stata decisa proprio per sviare l’attenzione da quello che avevano fatto con il consigliere Albán. In un affanno del governo per sviare l’attenzione da questo vile e crudele assassinio.

 

"Ciò dimostra che non siamo prigionieri ma sequestrati da uno stato mafioso, terrorista e criminale. Un regime che sequestra un consigliere eletto dal popolo, lo tortura per assassinarlo e poi lo butta giù dalla finestra non è un sistema politico ma un sistema criminale, che si comporta così per terrorizzare la popolazione civile e obbligarla a due sole alternative: o scappare; o sottomettersi a un regime in pieno fallimento economico”.

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