I resti di un razzo sparato dalle forze del regime nella città di Douma, nella regione di Ghouta. Foto LaPresse

False flag chimica! L'intelligence americana accusa il regime siriano

Daniele Raineri

I servizi segreti degli Stati Uniti sono convinti che l'esercito di Damasco abbia usato gas lacrimogeno contro i civili per simulare un attacco al cloro da parte dei ribelli

New York. Se le informazioni contenute in questo articolo vi arrivassero da un sito complottista ci sarebbe una premessa a effetto: che nessun giornale ha il coraggio di stamparle. Invece sono informazioni pubbliche, si trovano senza problemi e – come talvolta capita perché non si può seguire tutto – potrebbero ricevere meno attenzione di quella che meritano. L’intelligence americana secondo un rapporto visto in anteprima dal giornalista Eli Lake di Bloomberg News è convinta che le forze siriane abbiano fatto un’operazione false flag alla fine di novembre per accusare i ribelli siriani di usare armi chimiche contro i civili. Le operazioni false flag sono l’argomento preferito dai complottisti e in teoria sono quelle azioni compiute sotto copertura da qualcuno per fare ricadere la colpa su qualcun altro.

 

Ricapitoliamo i fatti. La sera del 24 novembre secondo l’agenzia di stato siriana alcuni colpi di mortaio caricati con un gas velenoso hanno colpito un’area vicino Aleppo e hanno costretto un numero non precisato di civili – tra cinquanta e cento – ad andare all’ospedale per ricorrere a cure mediche per disturbi respiratori. L’agenzia di stato – che è un canale controllato dal governo, come tutti i media in Siria – e i media russi incolpano dell’attacco i ribelli e sostengono che abbiano sparato colpi di mortaio che contenevano cloro. La notizia sarebbe stata senza dubbio importante se fosse stata confermata. Durante la guerra il regime siriano (che nel luglio 2012 ha ammesso di avere un grande arsenale di armi chimiche e avrebbe dovuto consegnarlo per intero nel 2013 ma non l’ha fatto) ha compiuto numerosi attacchi con barili bomba riempiti di esplosivo e di cloro. Si tratta di ordigni chimici rudimentali perché il cloro è una sostanza tossica industriale molto comune che nell’esplosione crea una nuvola verdognola soffocante ma di solito il pericolo maggiore viene dall’esplosione. Oltre a questi attacchi, che sono fatti lasciando cadere i barili bomba dagli elicotteri, il governo ne ha compiuto alcuni più sofisticati con l’agente nervino. Ogni volta ha sostenuto di essere innocente e che tutti gli attacchi in realtà sarebbero azioni dei ribelli, che avrebbero lanciato armi chimiche (la Russia ha sempre sostenuto questa versione e ad aprile la Russia ha aggiunto che i ribelli sono stati aiutati dalla Gran Bretagna e di avere le prove, mai mostrate naturalmente).

 

L’intelligence americana è convinta che i siriani abbiano usato gas lacrimogeno contro i civili per simulare un attacco al cloro da parte dei ribelli. La questione dell’uso delle armi chimiche preoccupa il regime siriano e i suoi alleati perché a partire da febbraio l’Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) che prima poteva soltanto stabilire se un attacco fosse stato compiuto o no con un’arma chimica potrà scrivere rapporti in cui specifica anche il responsabile. Per il governo siriano che ha riguadagnato ormai il controllo della maggior parte del paese e che cerca di riaprire le relazioni diplomatiche subire le accuse di un organismo internazionale molto rispettato sarebbe deleterio. Inoltre, vorrebbe dalla comunità internazionale il via libera per attaccare l’ultima enclave fuori dal suo controllo, quella di Idlib, e incolpare i gruppi armati di usare armi chimiche sarebbe un buon modo per ammorbidire l’opinione pubblica internazionale. Già ad aprile, dopo la strage chimica di 40 civili vicino a Damasco, russi e governo siriano avevano “scoperto” un “laboratorio chimico segreto dei ribelli” che era stato subito ridicolizzato dagli esperti come una goffa messinscena. Il rapporto americano non è ancora uscito, ma secondo Lake la pubblicazione è imminente (anzi, la data prevista di pubblicazione è già passata ma la Casa Bianca non lo ha ancora pubblicato). La questione è senz’altro interessante.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)