Theresa May spiega in Parlamento i termini dell'accordo con l'Ue (Foto LaPresse)

La May va avanti sulla Brexit nonostante le dimissioni

Gregorio Sorgi

La premier difende l'accordo che "va nell'interesse della nazione". Hanno lasciato il governo il segretario della Brexit Raab, il ministro del Lavoro McVey e due vice ministri. Tutti contrari all'accordo della premier

La premier britannica Theresa May ha difeso il suo accordo sulla Brexit dopo le dimissioni di quattro membri del suo governo. Il primo ministro ha detto in conferenza stampa di non avere intenzione di abbandonare il suo incarico nonostante le mozioni di sfiducia depositate da alcuni membri del suo partito. May ha detto che intende "difendere il suo accordo e di mettere in pratica la volontà del popolo. Non ci sarà nessun secondo referendum sulla Brexit". Uno dei termini più pronunciati del suo discorso è stato "l'interesse della nazione", che lei ha giurato di proteggere attraverso l'intesa raggiunta con l'Ue". 

Il primo ministro ha difeso il merito dell'accordo raggiunto con l'Ue. "Ho promesso di terminare la libertà di movimento, di interrompere i finanziamenti all'Ue, terminare la giurisdizione della Corte di giustizia europea, proteggere i lavori, proteggere la nostra sicurezza e proteggere l'integrità del Regno Unito". May ha avvertito i suoi deputati che i loro elettori nei collegi li riterranno "responsabili delle loro azioni", nel caso di un voto contrario al suo accordo. Inoltre, Theresa May ha affrontato la questione più spinosa del suo accordo: il backstop. Questo è un regime regolatorio creato ad hoc per l'Irlanda del Nord, che resterà in vigore finché non verrà trovato un accordo definitivo tra Londra e Bruxelles. La premier ha detto che questo meccanismo è "inevitabile per evitare un confine tra le due Irlande. Non potevamo farne a meno". 

 

La premier rischia di essere sfiduciata dal gruppo parlamentare del Partito conservatore. Il falco anti-Brexit Jacob Ress-Mogg ha consegnato la sua lettera di sfiducia al presidente del partito Brandon Lewis; ne servono 48 per attivare la mozione di sfiducia al capo partito. In quest'evenienza, alla May servirebbe l'appoggio di almeno metà del suo gruppo parlamentare per essere riconfermata leader. Rees-Mogg spiega di "non avere alcuna ambizione di diventare capo dei conservatori". Anzi, secondo lui un eventuale voto di sfiducia sarebbe un "successo" anche in caso di riconferma della May perché mostrerebbe che ci sono 48 deputati disposti a bocciare il suo accordo in Parlamento.  

 

Secondo la Bbc c'è appena stato un incontro tra Brandon Lewis e il capogruppo dei Tories, Julian Smith. Tuttavia, il presidente del partito avrebbe detto di non avere ancora ricevuto le 48 lettere. Intanto si sta già pensando al possibile successore di Dominic Raab come ministro della Brexit. Il favorito è Michael Gove, attuale ministro dell'Ambiente e tra i volti più importanti della campagna per il Leave nel 2016. Secondo il Daily Telegraph, Gove sarebbe disposto ad accettare la nomina solo in cambio dell'opportunità di rinegoziare l'accordo. Gove, che aveva accettato la proposta dei Chequers a luglio a malincuore, avrebbe minacciato di dimettersi dopo il Consiglio dei ministri di ieri. La sua nomina come successore di Raab è pensata per evitare l'addio di un capo corrente e per rassicurare i deputati euroscettici. 

  

In mattinata si sono dimessi il ministro della Brexit Dominic Raab e il ministro del Lavoro e delle pensioni Esther McVey. Entrambi sono rimasti delusi dall'accordo sulla Brexit presentato ieri notte da Theresa May al governo durante il Consiglio dei ministri.

  

Nella sua lettera di dimissioni, Dominic Raab ha spiegato che “lui non può essere a favore di un accordo che mette in pericolo l'integrità del Regno Unito”. Secondo l'intesa, l'Irlanda del Nord avrà un regime regolatorio diverso dal Regno Unito durante il periodo di transizione e questo, per i critici, mina l'unità della Gran Bretagna. Inoltre, Raab ha spiegato di non poter "supportare un backstop indefinito, dove l'Unione europea esercita il potere di veto sulla nostra uscita”.

 

Il Regno Unito non potrà uscire dal backstop senza il consenso dell'Unione europea. Questo, spiega Raab nella sua lettera, “lascia il Regno Unito senza alcun controllo democratico sulle proprie leggi. Se accettiamo l'accordo, questo pregiudicherà la nostra posizione in vista della seconda fase della negoziazione”. Infatti, i critici dell'accordo sostengono che l'Unione europea userà il potere negoziale che le deriva dal backstop per avere un maggiore peso nelle trattative e per costringere il Regno Unito a rimanere nell'unione doganale. In precedenza si era dimesso il viceministro per l'Irlanda del nord Shailesh Vara, anche lui contrario al fatto che il backstop non prevedesse l'uscita unilaterale della Gran Bretagna.

  

Invece, Dominic Raab era stato nominato segretario della Brexit dopo le dimissioni del suo predecessore David Davis, che aveva lasciato l'incarico a luglio perché contrario alla proposta dei Chequers della premier May. Si è dimesso anche il vice ministro per la Brexit, Suella Braverman che nella lettera di dimissioni ha detto che "il backstop non ha nulla a che fare con la Brexit". Braverman ha aggiunto che, sulla base della sua esperienza nel ministero della Brexit, "le differenze regolamentari tra l'Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito potevano essere evitate". Nel pomeriggio si è dimesso anche il vice presidente del partito Rehman Chishti, secondo cui l'accordo lascerà il Regno Unito intrappolato in "un'appartenenza ibrida al mercato unico dell'Ue e all'unione doganale. L'Ue poi avrà un veto sulla nostra capacita' di uscire". 

   

Anche Esther McVey ha deciso di lasciare il governo per le stesse ragioni. Nella sua lettera di dimissioni, McVey ha scritto che "Theresa May ha sempre promesso di volere riprendere il controllo dei nostri soldi, dei nostri confini, delle nostre leggi e di volere avere una politica commerciale indipendente. Questo accordo non raggiunge gli obiettivi fissati". McVey era uno dei ministri filo-Brexit del governo, e nei giorni scorsi si parlava delle sue possibili dimissioni a causa dell'accordo. McVey fa parte del cosiddetto "Pizza Cabinet", una corrente di ministri filo-Brexit che si incontrano per tramare contro la May e, stando ai retroscena, ordinano pizze a domicilio. Fanno parte di questo gruppo anche il ministro degli Esteri Jeremy, il ministro dell'Ambiente Michael Gove e il ministro dello Sviluppo internazionale Penny Mordaunt. 

  

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