Foto di Vmenkov via Wikipedia

Quell'isola a metà tra Mosca e Pechino

Micol Flammini

La parte russa è fatiscente e povera, quella cinese è una riserva naturale. Di chi dobbiamo avere più paura?

C’è un’isola a metà, un po’ russa e un po’ cinese, la cui storia può dare persino insegnamenti geopolitici. Qualcuno la chiama Bloshoi Ussuriyski, qualcun altro Heixiazi, dipende dalla nazionalità. Nasce tra due fiumi, l’Ussuri e l’Amur, e per oltre 150 anni è stata motivo di litigi e malumori tra Mosca e Pechino.

 

Non si sapeva a chi dovesse appartenere, con la sua strana posizione, perfettamente incastrata tra i due imperi sin dal momento della sua formazione. Nel 1929 l’Unione sovietica l’aveva conquistata del tutto, poi arrivarono i giapponesi a occuparla. Di nuovo la riprese Mosca ma la Cina nel 1964 avviò una serie di negoziati per recuperare almeno una parte del territorio. I colloqui con l’Urss prima e la Russia poi, si sono conclusi soltanto nel 2004, quando le due nazioni hanno firmato un accordo che divide l’isola quasi a metà. Una metà russa e una cinese. L’accordo è entrato in vigore quattro anni dopo e da quel momento i due paesi sono diventati liberi di fare ciò che volevano con la propria metà. La parte cinese è stata trasformata in una riserva naturale che ogni anno attira circa seicentomila turisti. In quella russa invece vivono un centinaio di persone, tutte sistemate in case fatiscenti che emergono da una vegetazione incolta e secca dalla quale spuntano anche relitti di macchine – eredità sovietiche – abbandonate, giochi per dismessi di bambini, perché chi ha figli si trasferisce altrove. Ultimamente i media russi ne parlano molto, è un angolo di Russia abbandonato a se stesso, la cui povertà appare ancor più palese se confrontata con la metà cinese, rigogliosa e movimentata. Ekaterina Kasyukova di Meduza racconta che Bolshoi Ussuriyski è parte della regione di Khabarovsk, estremo oriente russo, il modo più veloce per arrivarci è un traghetto che impiega circa venti minuti per raggiungere quella che gli abitanti chiamano “la rive gauche”. I traghetti partono soltanto tre volte al giorno, cinque giorni a settimana, da aprile a ottobre. Nel 2013 è stato costruito un ponte che collega l’isola alla terraferma, ma una volta che si arriva non ci sono strade asfaltate, tutti i sentieri sono difficilmente percorribili in macchina. Se invece si intende raggiungere l’isola dall’altro lato, i cinesi hanno pensato a tutto. Ci sono collegamenti marittimi, stradali e ferroviari che partono dalla città di Fuyuan ogni quindici minuti e una volta giunti: distese verdi, stradine ordinate, turisti, ombrellini, sorrisi.

 

Dalla parte russa, racconta la giornalista, manca tutto. Alimentari, scuole, ospedali. Il nulla e lo sfacelo si avvicendano tra il fango e le case demolite. Eppure gli abitanti non intendono abbandonare la loro parte di isola, ma forse si tratta più di una questione di principio, una lotta contro le autorità. A Bolshoi Ussuriyski le case non esistono più, alcune sono state distrutte dalle alluvioni, altre sono state demolite. Eppure, un tempo sull’isola i russi avevano le loro dacie, residenze estive dove trascorrere le stagioni più calde, riposarsi e pescare, quelli che un tempo erano stabilimento balneari sono ormai fantasmi. Una volta, raccontano gli abitanti rimasti, dopo l’alluvione del 2013, anche Vladimir Putin andò a trovare i residenti dell’isola. Entrò in quasi tutte le case, bevve il tè in ciò che rimaneva delle cucine degli abitanti: “Un milione di rubli sarà sufficiente per riparare tutto?”, domandò il presidente a una delle famiglie con la casa interamente distrutta. “Se non è abbastanza aggiungine altri”, ordinò Putin al funzionario che era lì con lui. Un milione di rubli sarebbero bastati, se soltanto fossero arrivati. I residenti, quelli rimasti, hanno cercato di mettere a posto e ricostruire come potevano, ma dalla regione di Khabarovsk c’è anche chi raggiunge l’isola per distruggere quel poco che rimane. Dalle alluvioni l’isola riceve dei sussidi statali e i gli abitanti vengono definiti razziatori, sanguisughe dai russi che vivono sulla terraferma. Bolshoi Ussuriyski dà le spalle ad Heixiazi. Le due parti dell’isola non hanno contatti e anzi, se i russi vogliono andare dal lato cinese, godono di un accesso limitato. Se cercano di raggiungere l’isola dalla città di Fuyuan, spesso non viene venduto loro il biglietto. Se la metà russa colpisce per la miseria e il fango, quella che appartiene a Pechino è piena di uccelli e altre specie animali. Anche quel lato è stato colpito dalle alluvioni, ma i cinesi, in meno di un anno, hanno restaurato tutto. C’è anche una pagoda di nove piani che fa invidia ai russi che riescono a vederla anche dalla regione di Khabarovsk. C’è un giardino botanico, e i cinesi non voglio assolutamente che qualcuno vada a viverci perché l’ambiente deve rimanere incontaminato. Le due metà non si guardano neppure in faccia, la parte cinese rifiuta quella russa e quella russa invidia quella cinese. Di chi dobbiamo avere più paura?

Di più su questi argomenti: