Due manifestanti davanti alla Casa Bianca travestiti da Mohammed Bin Salman e Donald Trump (foto LaPresse)

Fratelli musulmani contro erede al trono saudita, oggi si sa chi vince

Daniele Raineri

Erdogan potrebbe dare il colpo di grazia al principe Bin Salman con “la nuda verità” sulla morte di Khashoggi

New York. Il presidente americano Donald Trump domenica ha accusato l’Arabia Saudita di mentire sul caso di Jamal Khashoggi, l’editorialista attirato in trappola e ucciso dentro al consolato saudita di Istanbul in Turchia. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, sempre domenica ha detto che oggi rivelerà “la nuda verità sul caso Khashoggi”. Se per qualche giorno è sembrato che ci fosse un accordo tra Washington, Ankara e Riad per reggere la versione patetica della morte accidentale, queste dichiarazioni fanno capire che quell’accordo sta venendo meno. Erdogan è in possesso di un file audio di almeno sette minuti che proverebbe che i sauditi mentono e possibilmente anche che il principe Mohammed bin Salman era al corrente in tempo reale di tutto quello che stava succedendo dentro il consolato. Un giornale turco sostiene addirittura che gli uomini che tenevano immobilizzato Khashoggi abbiano telefonato al principe a Riad e che lui in persona avrebbe chiesto al prigioniero di tornare in Arabia Saudita: al suo rifiuto, i sequestratori l’hanno ucciso. Per 23 giorni il governo turco ha guidato un gioco di disvelamento dei dettagli sempre più incriminanti dell’omicidio (passati ai quotidiani da “fonti anonime”) e l’interpretazione più comune è che lo abbia fatto per negoziare con i sauditi ricompense molto vantaggiose – e per ora sconosciute. Tanto per capire dove siamo arrivati nel disvelamento: ieri una fonte turca ha rivelato che i sauditi che hanno lasciato Istanbul in fretta, con bagagli diplomatici e quindi non soggetti a controlli, portassero con loro “una parte del corpo di Khashoggi”. La testa? Se Erdogan decidesse oggi di rivelare tutto e di uccidere politicamente il principe saudita erede al trono sarebbe un episodio molto cruento di una lotta che in medio oriente va avanti da molto tempo. 

 

Siamo abituati a pensare a quell’area come divisa dal grande scontro tra il fronte più o meno sciita da una parte – Iran, Siria, il gruppo libanese Hezbollah e le altre forze irregolari dall’Iraq allo Yemen – e il blocco sunnita guidato dall’Arabia Saudita dall’altra, con in più i due alleati quieti Israele e Stati Uniti, che prediligono il blocco saudita per ragioni strategiche e commerciali. Tuttavia nella stessa zona c’è anche un’altra guerra – più o meno fredda –, un’altra linea di frattura: quella tra i sauditi che detestano i Fratelli musulmani e li considerano terroristi e i due governi dell’area che invece sono molto vicini ai Fratelli musulmani, la Turchia e il Qatar. Il principe Bin Salman potrebbe avere commesso l’errore enorme di offrire la gola a Erdogan ordinando un omicidio condannato da tutto il pianeta in Turchia, in casa del suo rivale, senza sapere che i sicari erano osservati. Ora Erdogan, dopo avere costruito la suspense globale per tre settimane esatte, potrebbe dare il colpo di grazia. Per questo le cancellerie del medio oriente stanno con il fiato sospeso, perché la storia è diventata molto più grande e ormai non riguarda più soltanto la vittima Khashoggi, che era vicina ai Fratelli musulmani, era conoscente di Erdogan e ormai è diventata l’elemento iniziale di una grande manovra del fronte pro Fratelli musulmani per colpire il saudita che è sempre stato molto aggressivo contro di loro.

 

Per seguire questo scontro tra il fronte pro Fratelli e il fronte anti Fratelli basta leggere le dichiarazioni di amicizia e di condanna in questi giorni. L’Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi ha subito offerto solidarietà a Bin Salman, com’era naturale succedesse visto che i sauditi hanno favorito in tutti i modi la sua ascesa al potere e il suo putsch contro il governo dei Fratelli musulmani di Mohammed Morsi. Emirati Arabi Uniti e Bahrein anche, del resto gli emiratini nel 2014 mandavano i loro aerei a bombardare Tripoli, in Libia, perché consideravano il governo post Gheddafi troppo legato ai Fratelli musulmani.

 

Dall’altra parte, quella pro Fratelli musulmani, il gioco è opposto e speculare. Quando nel giugno 2017 l’Arabia Saudita assieme ai suoi alleati regionali annunciò un blocco commerciale contro il Qatar, la Turchia arrivò subito in soccorso di Doha. Tra le condizioni imposte dai sauditi per togliere il blocco c’è ancora l’interruzione dei lavori di costruzione di una base navale turca in Qatar – ma stanno andando avanti. E in Libia, naturalmente, durante la battaglia di Tripoli nel 2014 Qatar e Turchia sostenevano i libici bombardati dagli aerei degli Emirati. Nel mezzo di questo duello, mentre la parte anti Fratelli cominciava a essere in vantaggio materiale e ideologico sui rivali, Bin Salman ha messo in mano a Erdogan un’arma carica. Vediamo se oggi il turco spara.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)