Anche Maduro ha un problema con la cena

Il video del presidente venezuelano che mangia dalla cuoco star Salt Bae fa arrabbiare i suoi connazionali alle prese con la crisi nel paese

Giovanni Battistuzzi

Salt Bae si chiama Nusret Gökçe ma nessuno lo chiama più così, perché più dell’uomo conta il personaggio, Salt Bae appunto, ossia quello che sparge il sale sulla carne facendolo scorrere sul suo avanbraccio. E’ quello con i capelli lunghi raccolti in una coda, che è partito facendo il macellaio a Istanbul e si è ritrovato a gestire una catena di bracerie in tutto il mondo. Che guarda ammaliante e fa spettacoli tagliando braciole con balletti inutili ma indispensabili per essere personaggio. Che grazie ai social si è fatto prima un nome e poi si è ritrovato a essere meme, e quando “diventi meme hai capito che sei arrivato davvero”, disse in un’intervista all’Nbc. Poi aggiunse che “la forma della carne e il suo sapore sono una parte di me. Perché tutti i miei sentimenti provengono dall'interno della carne”.

 

Nicolás Maduro invece si chiama Nicolás Maduro e tutti lo chiamano così, a volte presidente. E’ da cinque anni, da quando è morto il suo predecessore, Hugo Chávez, che guida il Venezuela e le cose vanno assai male. L’inflazione ha raggiunto il 1000 per cento, l’87 per cento delle famiglie venezuelane vivono in condizioni di povertà e il 16,2 per cento dei bambini sono denutriti, secondo i dati della Caritas venezuelana. Per questo, quando Maduro si è fatto filmare a Istanbul alle prese con un taglio di carne gentilmente affettato da Salt Bae, i cui ristoranti vengono descritti “cari come il fuoco”, in Venezuela in molti si sono arrabbiati. Il video e le foto di Maduro (in una mostra orgoglioso la t-shirt col volto del macellaio superstar) sono stati cancellati. Ma sui social media, i venezuelani avevano già iniziato a condividerli e a far girare fotomontaggi con Salt Bae che cosparge di sale un bambino scheletrico. Quando “diventi meme hai capito che sei arrivato davvero”.

 

E mentre il pingue presidente in una pausa del suo viaggio di ritorno dalla Cina esclamava, sigaro in bocca, che “almeno una volta nella vita ci si deve concedere un pezzo di carne così”, i due terzi di connazionali – che in media hanno perso 11 chili a testa per il poco cibo che ci si può permettere a Caracas e dintorni –, forse hanno capito che il socialismo venezuelano non è poi tanto diverso da quello della Fattoria degli animali di George Orwell: “Quella sera alte risa e canti uscirono dalla casa colonica, e ad un tratto, all'udir tutte quelle voci, gli animali si sentirono presi da curiosità. Che cosa stava succedendo là dentro, ora che per la prima volta gli animali e gli uomini si incontravano su un piede di eguaglianza? In un solo accordo, essi cominciarono a strisciare silenziosamente nel giardino della casa colonica. Al cancello si fermarono dubbiosi se entrare o no. Ma Berta aprì la strada. In punta di piedi si portarono fin presso la casa e quelli che erano abbastanza alti spiarono attraverso la finestra della sala da pranzo. Là, attorno alla lunga tavola, sedevano una mezza dozzina di agricoltori e una mezza dozzina o più di eminenti maiali. Napoleon occupava il posto d'onore a capo della tavola. I maiali sembravano completamente a loro agio sulle seggiole. La compagnia stava giocando una partita a carte, momentaneamente sospesa, evidentemente per un brindisi. Circolava una grande anfora e i bicchieri venivano riempiti di birra. Nessuno si accorse delle facce attonite degli animali che spiavano dalla finestra”.

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